“Tonelli Coraggio”…..

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Ed è un “Tonelli Coraggio” quello che abbiamo visto per l’ennesima volta alla trasmissione dell’Annunziata su Rai Tre, un Tonelli che ancora, nonostante il procedimento disciplinare aperto nei suoi confronti, ancora si mostra con una maglietta del tutto simile a quelle in dotazione al personale operativo e che proprio per quella maglietta probabilmente dovrà ancora giustificarsi. (http://www.bolognatoday.it/cronaca/sap-tonelli-polizia-tv-questura.html )
Ed è con coraggio, come forse pochi hanno, così che bisogna riconoscere a Tonelli l’onore delle armi e forse anche l’invito, da adesso in poi, ad abbassare i toni.
Del resto la sua voglia di stare sempre sul pezzo, a favore di tutti i colleghi, a favore di quella categoria derisa, svuotata e sempre più bistrattata qual’è quella delle forze dell’ordine gli fa onore e gli rende merito ma ora è il momento della riflessione.
Di quel procedimento disciplinare che vede coinvolto Gianni Tonelli in tanti ci preoccupiamo, non era mai accaduto che un Segretario Generale di un grande sindacato di polizia subisse una contestazione addebiti per attività sindacale, un precedente che deve prima di tutto far riflettere e forse anche un po’ allarmare.
Io personalmente esprimo la mia solidarietà a Gianni Tonelli che, come appena sostenuto dalla giornalista Annunziata ci mette la faccia, non mostra segni di cedimento nel farsi interlocutore istituzionale anche se, forse, questo modo di rappresentare attraverso il sindacato anche l’istituzione Polizia di Stato, deve cambiare.
Perchè gettarsi nella bagarre, così come visto in questo mite e anomalo pomeriggio di gennaio, di fronte a due donne, la sig.ra Cucchi (Sorella di Stefano) e la sig.ra Uva (Sorella di Giuseppe), agguerrite e vittime per definizione, rischia di compromettere moltissimo della capacità di esprimersi per i portatori delle divise nel prossimo futuro.
Perchè è vero che bisogna essere solidali con Tonelli, con le sue istanze, che sono quelle di tutti, ma non possiamo gettarci nel baratro dello squilibrio politico istituzionale quando la politica, quella vera, quella che apre i cordoni della borsa, delle risorse, dei mezzi, delle carriere è la prima che da anni fa di tutto per annichilirci.
Di quel “Tonelli Coraggio” a cui ribadisco la mia solidarietà come collega, come appartenente ad altra sigla sindacale, dobbiamo però cominciare a togliere il “Tonelli iper-idealista” forse ammaliato dalla troppa voglia di dimostrare come si fa vero sindacato ma che ha purtroppo perso di vista che il sindacalismo di polizia nasce monco di istituti e possibilità proprio perché in Italia non siamo pronti per una polizia davvero libera.
Ingaggiare una lotta all’ultimo sangue (in Tv abbiamo visto una bagarre), ieri con l’istituzione, oggi con due donne vittime per definizione (con tutto il carico di dolore che portano con se la vicenda Cucchi e la vicenda Uva), potrebbe farci arrivare al punto di distruggere per sempre il vero valore della rappresentanza sindacale in polizia scardinando equilibri che ancora non è tempo di distruggere.
Perché in quella polizia di domani e che la mia generazione ha qualche anno in più da vivere rispetto a Tonelli, vorrei, onestamente, poter avere la possibilità di esprimermi, di proporre, di migliorare, di ragionare perché, se andiamo avanti così, rischiamo la totale chiusura dell’istituzione verso quel motore propulsivo che ancora con i dovuti correttivi, può avere l’associazione sindacale.
Coraggio Tonelli, ti sono solidale …..ma non esagerare!!!

In Giacca Blu – Michele Rinelli

L’assoluzione di quei muscoli bastardi

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Potete pensare quello che vi pare, potete credere che la gogna sia giusta, che le aule dei tribunali non valgano quanto la mediatica inquisizione ma se volete avere un briciolo di onestà intellettuale il gesto di Ilaria Cucchi nei confronti di quel carabiniere indagato per il pestaggio del fratello Stefano, di cui ha pubblicato la foto, è la morte dell’onesto diritto all’informazione.
La stampa deve descrivere il mondo, le sue storture, le sue schifezze in un turbinio mostruoso dove il cattivo diventa il buono e viceversa… non si pretende certo di cambiare il mondo ma nemmeno di subire inerti una vergognosa situazione.
Nessuno nelle braccia dello stato deve subire atteggiamenti degradanti, essere malmenato gratuitamente, ricevere un comportamento che i romantici della storia recente definirebbero fascista ma non si può nemmeno assistere alla gratuita affermazione del qualunquismo che diventa verbo solo perché qualcuno, da vittima collaterale, ha il potere di ergersi a paladina incontrastata di verità e giustizia.
Non si può avere rispetto di chi in divisa deturpa il ruolo delle forze dell’ordine con azioni abbiette che nulla attengono alla missione che la società affida loro ma non si può nemmeno rispettare chi, dall’alto dell’unica verità possibile, ci arringa dicendo che quel corpo scolpito di quel Carabiniere indagato è di fatto espressione di ciò che Stefano Cucchi ha subito.
Continua l’indignazione, continua il sostegno alla povera famiglia, alla povera sorella, continua il potere di perpetuare un pensiero, un modo di valutare, di percepire il mondo delle divise che non corrisponde alla realtà ma che può essere solo funzionale a quella costante voglia di contrapposizione tra uomini…perchè magari qualcuno se l’è scordato ma le divise sono indossate da uomini.
La storia del povero Stefano è una storia di un uomo come tanti, che vivono in una società devastate, cattiva, intossicata ma non per questo necessariamente vittime e che spesso si impegnano per non recuperarsi alla società.
Stefano merita giustizia ma non merita altre vittime, non deve portare con se altri zombie, dei morti viventi, non sarà certo una scia di cadaveri in divisa a lavare la coscienza a coloro i quali non sono stati in grado di salvare Stefano da quella vita che un po’ aveva scelto un po’ l’aveva travolto.
La giustizia non è una vetrina che puoi cambiare in base a quanto sei in grado di rendere bella e accattivante, la giustizia non è merce di consumo, se si vuole reale giustizia spesso si deve tacere, affidarsi ai giudici, al loro prezioso lavoro, perché nessuno può essere schiacciato per assolvere qualcun’altro sia in un aula di tribunale sia davanti alla platea massmediatica ancor meno nei gangli della vita.

In Giacca Blu
Michele Rinelli