L’ARMA DEI SINDACATI TUTELI QUEI CARABINIERI

La melma scivola impetuosa, schizza e coinvolge chiunque voglia provare ad arrestarla per questo i vertici militari dell’Arma modenese non hanno esitato a comunicare in pompa magna lo spostamento ad altri incarichi per chi, il tribunale del popolo mediatico, aveva già scritto la sua inappellabile sentenza.

Incredibilmente sembra essere girato il vento, l’onda di fango e melma ha trovato una piccola diga, i titoli di condanna si sono trasformati in più prudenti “quel video era una ricostruzione parziale” e le domande sull’etica di chi confeziona e gestisce le notizie vanno ad alimentare quelle su dove voglia volgere effettivamente lo sguardo questo sistema.

Cosa accadrà a questi militari adesso? Continueranno ad essere additati comunque come dei delinquenti in divisa? Il sistema Arma cosa prevederà per loro? Una giusta sanzione disciplinare perché comunque hanno creato nocumento alla benemerita istituzione? Scomoderanno anche l’anacronistico tribunale militare sempre pronto a scagliare vergati avvisi di garanzia ad applicazione del poco attuale “codice penale militare in tempo di pace”?

Il pericolo concreto, reale, per nulla peregrino è che quei militari per il solo fatto di essere stati vittime di un taglia e cuci “cinematografico” abbiano a pagare il solo fatto di non essere stati più comodamente assegnati a un magazzino vestiario, a un nucleo comando o un ufficio “OAIO” il cui nome dal suono esotico dà proprio un senso di maggior leggerezza rispetto a quante responsabilità e problemi si può avere a bordo di una gazzella…. senza nulla togliere a chi in ogni mansione fa bene il suo mestiere.

L’appello quindi è per le neonate organizzazioni sindacali che l’ Arma a fatica cerca di portare avanti affinché vigilino sulle reali conseguenze e sulle reali tutele che gli uomini dei radiomobile d’Italia devo avere soprattutto in circostanze come questa.

In Giacca Blu – Michele Rinelli

DALLA LIBIA A MODENA SOLA ANDATA…..

“Trattato così solo in Libia”, sono queste in sintesi le parole che cavalcano l’onda dell’indignazione, una melma di fango che parte da Modena e investe i colleghi dell’arma dei carabinieri già “trasferiti ad altri incarichi”.

Tralascio le personali opinioni su quello che si vede in quel video, non discuto sull’ipotetico referto medico che certamente ha alimentato il fascicolo sul tavolo del procura di Modena, non giudico l’operato di chi ha mostrato maldestramente quello che significa avere a che fare con quella cittadinanza che se ne sbatte di chi indossa una divisa, che resiste al dovere d’ufficio, che non vede l’ora di mangiare sulla testa, o sul “cadavere”, della divisa di turno , io mi chiedo però perché?

Perché hanno agito in maniera così scomposta? Perché non lo hanno portato a terra e ammanettato? Quale azione di polizia è stata effettivamente portata a compimento e con quali modalità? Che tipo di strumenti hanno a disposizione? Tecnici, mentali, tattici e di presidio?

Perché è facile dire quello che non dovevano fare ma nessuno si chiede quanto si addestrano i nostri carabinieri? Quante pattuglie, e quindi personale, avevano a disposizione per andare ad aiutarli? Quale formamentis, oltre a saper fare un perfetto saluto alla visiera, ancora hanno per fronteggiare un mondo che non vede l’ora di metterci alla berlina?

I vertici, tutti, al posto di mettere solo a tacere la pubblica opinione, con un  “giusto” trasferimento, ci pensano a quante ore di addestramento vero, concreto, reale, riservano ai loro uomini?

Perché queste immagini, e mi si perdoni la franchezza, non sono figlie di uno spirito violento, che a mio avviso non c’era, basta guardare le sequenze, queste immagini sono figlie di quella impreparazione che i vertici non vogliono considerare e che i singoli, diciamolo, non vogliono sanare.

Per questo, e concludo, le polemiche stanno a zero, pensiamo piuttosto a dare buon addestramento e buoni strumenti alle nostre forze dell’ordine e vedrete che solo grazie alla professionalità, quella vera, potremo salvarci da certe polemiche e certi scandali o almeno potremo fare in modo di diminuire di molto certi episodi.

Signori generali, ci tenete davvero alla vostra truppa? Addestrateci di più e meglio, incentivate a cercare professionalità vere riconoscendo anche esperienze esterne alle proprie scuole di formazione perché troppi sono i professori che fanno questo lavoro e troppo pochi, evidentemente, i professionisti formati…e non certo solo per colpa loro.

In Giacca Blu – Michele Rinelli

….NESSUNA RETORICA!

Non è una bella giornata per scrivere un pensiero che non abbia retorica, tra svolazzanti mimose e bacheche dai riflessi gialli le frasi fatte e le foto di circostanza si sprecano un po’ ovunque.

Ieri sera tra l’imperante retorica, tramite il piccolo schermo del TG1 delle 20.00 ho incrociato lo sguardo di Alessandra, la “Rosa Bianca” che nell’ottobre del 2022 ha conosciuto l’orrore della violenza cieca sul suo corpo.

In quei giorni ebbi a scrivere sulla sua vicenda, su quanto fossero assurdi quei commenti squallidi e privi di qualsiasi logica che, quasi scandalizzati, ritenevano impossibile che una persona come lei, donna poliziotto, potesse essere stata vittima di tanta e inumana ferocia. https://paroleingiaccablu.wordpress.com/2022/10/21/le-rose-bianche-non-sparano/

In quei stessi giorni fui contattato dai colleghi di Napoli, Alessandra mi voleva parlare, una richiesta che mi mise a disagio, cosa avevo mai scritto di così particolare? La paura più grande era in verità di aver sbagliato, di aver detto qualcosa di storto ma soprattutto cosa avrei potuto dire a una donna violata e quasi uccisa da una bestia appartenente al mio stesso genere?

Fortunatamente Alessandra fu molto rassicurante, forte, io abituato a vedere donne abusate in prenda a crisi feroci di pianto, smarrimento , disperazione, rabbia… invece ho avuto a che fare esattamente con chi aveva già messo tutto al suo posto, aveva già compreso cosa avrebbe fatto e che da subito mi consentì di dirle che quella drammatica esperienza sarebbe stata l’inizio di un nuovo compito, di un nuovo ruolo proprio perché nessuno come lei con indosso la nostra divisa avrebbe potuto aiutare le centinaia di donne che subiscono la cieca mostruosità di quando il maschio nasce prima di tutto bestia.

Oggi Alessandra Accardo è una testimone a viso aperto di chi ce l’ha fatta, di chi non ha lasciato vincere i demoni del male, di una donna che può e vuole vestire quella divisa aiutando altre donne, e noi uomini in divisa, a comprendere quella tragedia, spesso quotidiana, di donne uccise nell’anima e nel corpo da bestie travestiti da esseri umani.

Ed oggi, festa internazionale delle donne, il mio augurio quanto più possibile lontano dalla retorica è quello di essere in grado di rimanere al proprio posto, fedeli alla propria missione, al proprio compito, come Alessandra, cercando ogni giorno, nel bene che gli essere umani possono ancora esprimere, la possibilità di essere forza e testimonianza capace, come fa lei agli eventi a cui partecipa, di portare la sua speranza e consapevolezza che, rimanendo ciascuno al proprio posto e credendo negli ideali che si abbracciano, migliorare questo mondo è ancora possibile.

Grazie Alessandra, grazie a tutte quelle donne che come lei ce l’hanno fatta.

In Giacca Blu – Michele Rinelli

IL POLIZIOTTO CHE RIDE

“IL POLIZIOTTO CHE RIDE” (foto falsa???)

Non ricordo, a memoria, un attacco così pesante all’operato delle forze dell’ordine, pesante e articolato, forse dal 2001 non si assisteva a una così grave strumentalizzazione, e intendiamoci, nel 2001 la melma era davvero molto, molto più grossa da scrostare.

L’esternazione del Presidente della Repubblica è forse quella che fa più male, quella che legittima l’istantanea simbolo di questa vicenda: “Il Poliziotto che ride”

Non basta quindi una capo di stato che smonta qualsiasi tipo di narrazione alternativa allo sbirro cattivo e violento, non è sufficiente un capo della polizia che non farà sconti, il male sono i poliziotti e, permettetemi, questo non lo posso accettare.

Dove sta il il sadico ghigno in una foto così sgranata? Dove sta la conferma e l’evidenza del male in un gesto e in una situazione che per quanto sbagliata non può essere letta sul volto coperto e sbiadito dalla distanza dell’obbiettivo ma soprattutto in cosa volete cercare il male?

Perché se volete cercarlo in quei pixel sappiate che se quel poliziotto sarà giudicato come la quinta essenza del diavolo non avrà sconti e laddove ritenuto colpevole potrebbe anche rischiare il posto ma state attenti a credere che il problema sia il suo ghigno, eliminare il suo o quelli di altri in futuro sarà estremamente semplice.

Perché i lividi di quei giovani finiti in un gioco più grande di loro spariranno, qualcuno magari, motivato ad arte, diventerà anche un bravo esponente di partito o forse di governo ciò che non sparirà sarà la certezza che un maldestro cordone di polizia può tranquillamente essere valicato.

Nessuno ci racconta cosa c’è oltre l’accoglienza dei professori ai giovani feriti ( https://www.facebook.com/share/p/XjcSGczFiKLeUf3a/ ) , nessuno intravede nell’indisciplinata folla i cittadini di domani, in quei corpi lividi nessuno legge la metafora di una società che nega le sue stesse regole e che non si accontenta di punire gli eccessi ma vuole l’annientamento umano e materiale di chi quegli eccessi li ha inferti così che, in futuro, non solo avremo cittadini irrispettosi della loro stessa società ma anche poliziotti a difenderla per davvero.

Perché dopo aver curato le ferite dei “manganelli” se volete bene ai vostri figli, credendo che nel tempo una società giusta si debba basare sul rispetto delle regole, ricordate loro che di fronte a una divisa che vi chiede, per dovere, di fermarsi è necessario farlo, perché? Semplicemente perché se dovesse saltare un principio di questo tipo i cordoni stessi (leggasi vostri figli  che diventeranno poliziotti ) potrebbero cominciare a credere che non sia più giusto bloccare chi non rispetta le regole e se dall’altra parte ci sarete voi, quelli del “poliziotto che ride” rimarrete voi e solo voi ad arginare le storture della società che avete voluto e che mai come oggi ha bisogno di ritrovare esempi e riferimenti.

Fate del bene ai vostri figli feriti e fate ripensare loro ciò che di sbagliato hanno vissuto….per gli altri, per i “Poliziotti che ridono” state tranquilli, stanno già suonando le campane a morto.

IN GIACCA BLU – Michele Rinelli

QUEI “MANGANELLI” SONO UN FALLIMENTO!

Quei manganelli usati contro i ragazzi che partecipavano ai cortei pro-Palestina a Pisa “esprimono un fallimento“, queste le parole del Presidente Mattarella che prosegue , “L’autorevolezza delle Forze dell’Ordine non si misura sui manganelli ma sulla capacità di assicurare sicurezza“. ( https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/02/24/scontri-a-pisa-mattarella-telefona-a-piantedosi-i-manganelli-contro-i-ragazzi-esprimono-un-fallimento/7457865/amp/ )

Un messaggio chiaro, durissimo e senza ambiguità quello espresso dal signor Presidente della Repubblica, un monito duro sostenuto in maniera ancora più dura attraverso le parole del signor Capo della Polizia Vittorio Pisani – intervistato al Tg1 – ha detto che “purtroppo durante i servizi di ordine pubblico a Firenze e a Pisa i nostri operatori hanno posto in essere delle iniziative che dovranno essere analizzate singolarmente e verificate con severità e trasparenza.  Quando le manifestazioni non sono preavvisate o non vengono condivise con la questura, possono verificarsi dei momenti di criticità, però questi momenti di criticità non possono essere una giustificazione“. ( https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/02/24/scontri-a-pisa-mattarella-telefona-a-piantedosi-i-manganelli-contro-i-ragazzi-esprimono-un-fallimento/7457865/amp/)

Così che i più alti vertici del paese hanno ammesso evidentemente una grave incapacità per la quale chi ha organizzato quel servizio di ordine pubblico fino a coloro i quali hanno usato i “manganelli” dovranno pagare.

Al di là delle reazioni politiche, al di là delle scelte di campo, oltre ogni ragionevole o irragionevole pensiero credo ci siano alcuni assunti  da contestualizzare.

Intanto cominciamo con il lessico, durissimo, del Presidente Mattarella, uno che ha visto gli anni di piombo, la lotta di classe, ciò che erano le piazze, quelle dure per davvero e l’utilizzo del termine “Manganello” risulta un po’ offensivo, oggi come ieri, anche perché la legge ci mette in mano degli sfollagente, un’arma di plastica dura e flessibile che non è proprio la stessa cosa dei più duri, e spesso fatti di legno, manganelli.

Certo, al Signor Presidente Mattarella dobbiamo perdonare certe definizioni un po’ desuete ma quando parla di autorevolezza mi piacerebbe sapere come potrebbe essere possibile esercitarla di fronte a chi, a priori, aveva già scelto di non curarsene perché, l’autorevolezza, se non te la riconoscono non c’è, fermo restando che l’autorità, quella sì, esercitata in quella piazza, ha sempre provocato gioco forza sempre dei danni e nessuno come il signor Presidente Mattarella sa di ciò che parlo perché nessuno meglio di lui può ricordare cosa furono i tragici anni ’70 del secolo scorso.

Dal canto suo anche il Signor Capo della Polizia Pisani reagisce al fallimento annunciando dure e legittime sanzioni nei confronti di chi non ha giustificazioni per non essere stato in grado di gestire il disastro, abbiamo fallito e dobbiamo pagare, una ovvietà purtroppo.

Tali prese di posizione non aiutano certo a guardare il nostro mondo con serenità, chi ha sbagliato, se ha sbagliato e dove ha sbagliato è giusto paghi ma, intendiamoci, non è semplice sentirsi nel torto rispetto a chi regole non aveva, è difficile pensare al fallimento di chi, pur avendo sbagliato sul piano tattico e evidentemente anche su quello tecnico ha respinto una folla che non aveva diritto di passare perché, mi chiedo, la prossima manifestazione di ragazzini 16 enni come faremo a non sbagliare? Come faremo a non fare male ? Con quali strumenti ? Con quali attrezzi? Con che mezzi ? Come si fa a dare ordine a un mondo che non ritiene evidentemente legittimo sbarrare la strada a un corteo non autorizzato finito sulla strada sbagliata? Certo si farà tesoro degli errori fatti ma senza regole vale tutto e non vale nulla.

E penso quindi alle parole del Presidente Mattarella, qual è il senso dell’autorevolezza se l’autorità di pubblica sicurezza non può più ordinare di fermarsi? Lo può fare, certo, ma a che prezzo? In che modo? Perché gli abusi si devono perseguire, ho sempre pensato che nel più feroce dei delinquenti ci sono le ragioni dell’uomo con le sue debolezze e incoerenze, mai farsi forti della sola divisa ma come possiamo definire l’autorevole autorità in un mondo dove nulla è al proprio posto, nemmeno il dovere di sbarrare la strada a un corteo non autorizzato?

La cronica incapacità di guardare al futuro della società ci sta rendendo un popolo isterico di fronte all’ordine delle cose, nell’inconsistenza di questa società verso dove dobbiamo guardare per regolare il giusto e l’errato?

Le mie sono solo le domande di un padre che indossa una divisa e che ogni giorno si spende per dare ordine nella vita della propria creatura perché senza regole, senza  rispetto, senza autorevole autorità esercitata solo per definire il giusto dallo sbagliato è difficile dare un senso alle regole stesse.

….con deferente rispetto….

IN GIACCA BLU – Michele Rinelli

RAPINA FALSA, ADDESTRAMENTO VERO!

Cuneo, venerdì 16 Febbraio 2024, giunge un allarme tramite il 112 NUE, una filiale della banca intesa non risponde da tempo alla direzione Centrale, i protocolli di sicurezza impongono la chiamata alle forze dell’ordine, tale comportamento presuppone la possibilità di una rapina con ostaggi.

Ecco quindi che le forze in campo immediatamente si attivano per andare a gestire uno degli scenari più pericolosi e complicati, il malvivente asserragliato è infatti una delle casistiche dove il coordinamento delle forze e l’approccio tattico operativo sullo scenario possono fare davvero la differenza in termini di sicurezza sia per gli operatori che intervengono che per la popolazione civile che inevitabilmente viene coinvolta.

Così che Polizia di Stato, Carabinieri e Polizia Locale, ciascuno per le proprie competenze mettono in sicurezza la zona, delimitano l’area e agiscono in maniera coordinata per quella che poi si rivelerà essere una gran bella occasione di addestramento congiunto infatti la filiale era chiusa, nessuno rispondeva perché semplicemente nessuno era presente all’interno per rispondere.

Così che, passata la paura, perché tanta deve essere gestita e smaltita, tra una risata e una battuta, una volta appurato il falso allarme le pattuglie certamente saranno andate, dopo, a rilassarsi di fronte a un buon caffè…..

Quella foto più altre che facilmente si trovano in rete evidenziano la plastica necessità di prevedere giornate di simulazione e di addestramento congiunto tra le varie forze di polizia presenti sul territorio, azioni di questo tipo, laddove improvvisate, possono portare a veri e propri disastri che possono essere prevenuti solo attraverso una lungimirante collaborazione che possa prevedere periodici incontri per imparare, come in questo caso, a lavorare tutti insieme.

Mi permetto questa riflessione perché troppo spesso si vedono ma soprattutto si sentono discorsi dove alcuni vertici non solo ritengono l’addestramento un qualcosa di estremamente marginale ma, specialmente negli ambienti più radicali (leggasi militari), abbassarsi ad addestrarsi con i “civili” è motivo di disdoro per la spocchia di chi credere di essere un unto dal signore.

Da Cuneo ci arriva quindi un messaggio chiaro, limpido e lineare, per lavorare insieme sul territorio insieme dobbiamo trovare il tempo di poterci addestrare…..riusciremo un giorno a capirlo?

IN GIACCA BLU – MICHELE RINELLI

….BUON 2024

Ho sempre meno tempo di scrivere, il tempo è quella cosa che non è mai uguale a se stessa, sfugge quasi impalpabile sino a quando voltandoti indietro non ti rendi conto che è trascorso lasciando e portando un mucchio di vita.

Così che ripensi a quel tempo, a quello dove non sembrava così importante il fatto che scorresse e se pur non provi nostalgia pensi quanto poteva essere bello poterlo guardare senza temere il peso di quello che era già trascorso…..

Così che più che passa lo apprezzo e lo ricordo con nostalgia negli occhi di quei tanti giovani e giovanissimi che indossano la Giacca Blu, sorrido nel rivedermi a vent’anni quando credevo e non sapevo, quando lo sguardo era sempre rivolto verso una carriera e una esperienza piena, ricca e senza limiti.

Così che in questo 2024 vorrei solo augurarci un futuro capace di soddisfare le aspettative, i sogni, le speranze, i desideri di giovani, meno giovani e diversamente giovani con un pensiero speciale a chi stasera annuncerà lo 011 in uscita a bordo di una volante, per una manifestazione di ordine pubblico a una sala operativa a tutela di chiunque vorrà festeggiare ovunque in Italia.

Perché i lavori speciali sono quelli che si fanno quando gli altri festeggiano e si divertono anche se spesso questo non viene considerato e apprezzato.

Buon 2024 a tutti voi soprattutto a chi stasera brinderà con un bicchiere di plastica, un panettone e l’orecchio a una radio che gracchia.

IN GIACCA BLU – Michele Rinelli

FILIPPO SI È DICHIARATO ASSASSINO MA NON È UN “DELINQUENTE”!

Piange e si dispera ma ammette l’omicidio, questa è la sintesi estrema di ciò che è accaduto oggi a Venezia di fronte al Gip dove Filippo Turetta ha formalmente iniziato il percorso giudiziario che lo porterà alla condanna per l’omicidio di Giulia Cecchettin.

Nella mia carriera mi sono ritrovato poche volte, fortunatamente, a stringere le manette a un assassino, in una di queste si trattava del figlio perbene della famiglia ultra bene che ha ammazzato dopo una lite un uomo di certificata cultura, in quel caso il padre.

Come lo definisci un individuo di quel tipo che non ha mai fatto nemmeno un reato che uccide? Un assassino, non un “delinquente”, la distinzione non è purtroppo banale ma attiene a maggior ragione a una delle grandi carenze dei nostri tempi, l’indefinizione o meglio l’assenza dei ruoli.

Filippo non è un “delinquente”, è un assassino, ma nella evanescenza dei nostri tempi Filippo è un uomo? Ha le strutture mentali tipiche dell’uomo capace di discernere e sostenere le sfide sociali dei nostri tempi? Quali sono le fragilità che lo hanno reso un assassino e che certo non escludono a priori a mio avviso la piena coscienza di intendere e volere al momento dell’omicidio.

Il carcere, il sistema carcerario, nasce per i singoli esecutori di reato o per i delinquenti? Sono sufficienti le impostazioni del nostro sistema carcerario per insegnare alla società e alla politica la strada giusta da intraprendere?

L’errore che continuiamo a fare secondo me è credere e provare a sostenere che Filippo sia il pezzo fallato, non il prodotto, di un qualcosa che si è rotto, la violenza di genere di Filippo è quella che più di altre deve essere indagata nello specifico per capire cosa manchi ai giovani di oggi, maschi o femmine che siano, e che possono portarli a compiere gesti criminali come l’omicidio.

Perché maschi come Filippo ne è piena tutta la società occidentale, quella società che produce umanità dissociate, distanti, fragili, non matti, non incapaci ma prodotti che vogliamo trattare semplicemente come delinquenti perché è più semplice, buttiamoli in carcere, quelli abbiamo!

Nessuna pietà per Turetta, dura legge per lui ma quel ragazzo non è un “delinquente” ma è diventato pericoloso…. perché?

Al riguardo invito a leggere questo articolo intervista a Susanna Tamaro,una intellighenzia italiana che ci mette davanti a una serie di domande importanti, vere, concrete e che fortunatamente accantonano l’approccio patriarcale del problema che troppi limiti evidenzia per spiegare quello che in questo caso è successo.

https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=pfbid0FoDX9vQMVprALXeSQ6upRzF3RqwvEJyisdV9f7nUceiioDm78KkKEyC7jpLqbEzUl&id=100045021857124

In Giacca Blu – Michele Rinelli

SONO UN MASCHIO…MI VERGOGNO?

Sono maschio, sono nato maschio, indosso una divisa dal oltre 25 anni, cerco di farlo seriamente, con rispetto, cerco di portare l’umanità dell’uomo , inteso come essere umano, e poi, solo poi penso alla durezza dei codici ammesso e non concesso che si possano considerare dure le nostre leggi.

Io, figlio di derivazione cattolica, cresciuto nel rispetto dei valori di una famiglia che oggi impropriamente definiamo tradizionale ho portato per un bel pezzo con me il principio della donna che non si tocca, della madre sempre perfetta, del culto che molti della mia generazione hanno subìto, acquisito e dopo tanto tempo, loro malgrado, hanno messo in dubbio.

Perché, a un certo punto della mia carriera, quando parlavi con una certa cattiveria delle donne ,cominciavi a capire che non solo la violenza degli uomini doveva essere fermata ma anche quella più subdola e distruttiva di certe donne non poteva essere appoggiata in contesti dove la casa di lui, i figli, anche di lui, diventavano motivo di ricatto, di umiliazione, di depressione….

Così che in questi giorni mi rammarico della narrazione anti maschio, mi schifa il contesto in cui dovrei, secondo la dichiarazione di qualcuno, guardarmi allo specchio e sputarmi in faccia ma soprattutto mi scuote che esista un giornalismo che alimenti senza limiti la continua contrapposizione di genere.

Intendiamoci, la carta stampata è espressione del sentimento comune ma è anche e soprattutto strumento di condivisione, di formazione, utilizzarla con il benestare della politica come mezzo di scontro, in un maschi contro femmine, senza considerare quanti giovani e giovanissimi siamo assolutamente capaci di essere uomini e donne corrette con se stessi e con il prossimo significa che evidentemente non riusciamo più ad avere una visione di insieme, una prospettiva, un obbiettivo che non passi attraverso la costruzione di un nemico.

Perché sfruttare un sentimento, un moto popolare, un episodio grave è giusto, esistono fatti che rappresentano acceleratori sociali ma un conto è cavalcarli avendo una visione di dove si vuole arrivare un conto è cercare semplicemente un nemico, in questo caso nel maschio da abbattere.

In tutto questo mi sento a maggior ragione offeso, o forse di più preoccupato, nel momento in cui penso a quella mamma, a quella donna, a Alessia Pifferi che ha lasciato morire di stenti la propria creatura, vicenda che, purtroppo evidentemente, non poteva suscitare la caccia al maschio, fallico, fallato e patriarca.

Giulia Cecchettin sarà, purtroppo, solo l’ennesima vittima, non sarà l’ultima e se non si guarda seriamente al futuro e in prospettiva a cosa ci devono insegnare queste storie, a come guardare il futuro pensando a queste vicende non faremo altro che dividere la società alla ricerca di un nemico che è semplicemente, per tutti, dentro di noi e che solo con una sana cultura, che non sia quella determinata dalla ricerca del nemico, potrà dare i giusti risultati.

Essere uomo, e concludo, non può essere una colpa lo è forse di più essere un umano e credere che ogni colpa riguardi qualcun altro che è un po’ la parabola dei nostri tempi: non è mio, non mi riguarda, non mi compete…..

In Giacca Blu – Michele Rinelli

UN MASCHIO VERO LO È COME L’AMORE, QUELLO VERO

È stato un fine settimana drammatico per chi ha seguito con intensità umana e professionale la vicenda di Giulia Cecchettin, la cattura quasi scontata dell’ assassino rimarca ancora di più l’ assurdità della vicenda, l’inconsistenza e la vigliaccheria del personaggio le cui parole non possono che essere quelle di più totale disprezzo.

La cronaca della 105 esima donna uccisa nel 2023 porta con sé la speculazione, la voglia di alimentare la notizia, il dibattito e la speculazione, anche politica, per un accadimento drammatico, grave, inqualificabile.

Un po’ di conforto lo porta il padre di Giulia, un uomo vero come tanti uomini veri che ci dimostra come la corsa al mostro, come alcune parole di vergogna nel dichiararsi uomini siano lo specchio di quanta inconsistenza giri attorno a episodi come questo alla continua ricerca di una assoluzione di genere inutile e dannosa.

Non è nella fustigazione del maschio la risposta, non è nella vergogna di appartenere a quel genere o a quello stereotipo che bisogna pensare ma a capire come salvare altre persone, altre donne, al di là del citato e abusato patriarcato e in barba a qualsiasi ideologia dai tratti sessisti.

Non è nemmeno nella continua sovrabbondanza di norme a tutela delle donne picchiate la soluzione ma in poche, pochissime leggi capaci di allontanare alcuni problemi da alcune persone.

Perché non potrai mai azzerare il problema culturale se non con la cultura stessa così che non potrai mai davvero difendere tutte le donne abusate se queste, culturalmente, non lo concepiscono. Forse non è accettabile, sembra impossibile ma di persone, di donne, “costrette” da un malato credo, che vogliono rimanere con il loro carnefice ce ne sono tante purtroppo….

Ed è a loro che bisogna pensare, al loro diritto di autodeterminarsi, a convincerle che una strada sicura esiste, che non può distruggere tanto quanto stare con un uomo violento perché le donne come Giulia, le donne che credono all’amore che vince su tutto sono ancora tante, troppe e che con il loro ammirevole credo inconsapevolmente ammalano ancora di più uomini deboli, che nella frustrazione, nella loro criminale incapacità, si trasformano in squallidi assassini.

Perché nella forza dell’amore si nasconde la stessa forza del male, perché lo yin e lo yang esiste in ciascuno di noi e ogni giorno esiste una lotta interiore sempre più forte e solo attraverso i mezzi della cultura può prevalere il bene rispetto al male.

Così che anche se sono maschio, anche se va di moda negare l’ appartenenza al genere maschile, perché evidentemente è più social, penso che il messaggio più forte dovrebbe essere invece un altro, quello del padre di Giulia Cecchettin, quello nella foto, lui un uomo vero, un esempio vero, che mai potrà vergognarsi di essere chiamato maschio.

In Giacca Blu – Michele Rinelli