DA NAPOLI A MILANO SULLA STRADA DELLA FORMAMENTIS….

Non sarai mai un buon operatore di Polizia fino a quando non sarai in grado di fornire un convincente perché a qualsiasi azione operativa. Quel perché non lo dovrai però fornire alla pubblica opinione, che il più delle volte ti avrà processato più velocemente di Ponzio Pilato, quel perché dovrà convincere un giudice, un magistrato il quale si spera voglia guardare ai fatti e non ascoltare mai la folla che invoca “barabba”.

In poche ore sono due gli eventi critici che hanno coinvolto tra le più importanti forze di polizia locale esistenti in Italia, il primo a Napoli dove un luogo tenente della Locale partenopea a seguito di una ferocissima aggressione è stato costretto a ricorrere all’arma da fuoco mentre a Milano una trans, che si esibiva in un inappropriato atteggiamento nei pressi di una scuola, dopo aver pesantemente reagito agli operatori di polizia, è stata fortemente percossa di fronte ai soliti telefonini sempre pronti a cogliere eventi di questo tipo.

È purtroppo un caso che la cronaca ci parli in poche ore di due situazioni che hanno visto protagonisti operatori della polizia locale ma le carenze o gli atteggiamenti potrebbero essere gli stessi per qualsiasi altra divisa dello stato.

A Napoli l’operatore coinvolto nella tragica aggressione ha dichiarato di non aver avuto altra scelta che usare l’arma d’ordinanza precisando che se avesse avuto il taser la situazione si sarebbe evoluta in maniera diversa. https://napoli.repubblica.it/cronaca/2023/05/24/news/napoli_vigile_colpito_con_spranga_da_clochard_era_una_furia_ho_dovuto_sparare-401526453/

A Milano invece gli operatori della locale coinvolti sono almeno tre, la trans, che per chi conosce la tipologia di individui sono spesso persone fisicamente prestanti, appare nel video come inerme, incapace di reagire, confusa nelle reazioni così forse come gli stessi operatori, probabilmente non adeguatamente supportati da una solida formazione mentale. https://www.ilgiorno.it/milano/cronaca/donna-picchiata-polizia-locale-c1pw3u27

Cosa lega quindi le due vicende così distanti sia per geografia che per tipologia di intervento?

Queste vicende hanno un filo comune rintracciabile nella formamentis, nella preparazione tecnico operativa, nella poca consapevolezza che un bastone distanziatore non ti rende più efficace, se non lo sai usare, così come un taser non ti rende più efficiente se non hai una adeguata preparazione.

L’evento di Milano il cui epilogo è diventato virale sui social palesa senza mezzi termini quanto la preparazione mentale, la consapevolezza della situazione, l’elemento umano sia effettivamente di troppo presente. Trova poca se non assente giustificazione ad esempio il ripetuto ricorso all’uso del bastone, un utilizzo evidentemente dettato dalla perdita di controllo, paura, dallo smarrimento emotivo o dalla assenza di un qualsiasi schema predeterminato…. difficile giustificare ripetuti colpi su un soggetto verosimilmente inerme e già colpito dalla azione dello spray urticante in un momento dove potevano e dovevano essere protagoniste solo le manette

Sia chiaro, ciascuno degli attori in campo si assumerà gioco forza la responsabilità della propria azione è evidente però che da ambo le parti esiste una componente che non tiene in considerazione del valore della professione, l’azione necessaria dell’uomo, dove è l’operatore che risolve l’emergenza non l’attrezzo che utilizza.

La formazione, la professionalità, il non perdere mai di vista che chi fa il poliziotto deve addestrarsi per non perdere la testa, per gestire la paura, per contrastare il senso di inadeguatezza verso una società subito pronta a schierarsi dalla parte di Barabba.

Da Napoli a Milano vada quindi ai colleghi il mio più grosso augurio di poter rispondere alle contestazioni con dei convincenti perché così da non subire gravi e drammatiche ripercussioni giudiziarie, a noi che guardiamo dal di fuori invece spero rimanga la consapevolezza che la preparazione tecnica è un diritto e un dovere per tutti coloro che vogliono affrontare la strada da veri professionisti.

In Giacca Blu – Rinelli Michele

QUANDO CAMBIA UN CAPO….

….le aspettative sono tante, le speranze sono profonde, la voglia di cambiamento o solo di vedere quel che farà carica l’ aria di qualcosa di buono.

Quando cambia un capo si rincorrono le parole, i giudizi, le opinioni di chi li ha vissuti, magari all’inizio della carriera o verso la “fine”, quando l’aria da Capo si faceva sentire….ma era solo un sentore…

Quando cambia un capo vorremmo l’eroe che ci conduce alla vittoria, capace di frantumare quanto di ingiusto c’è tra le pieghe di una professione dove non esiste vera vittoria ma più spesso un articolato gioco di equilibri, un’utopia, una passione sfuggente capace di inebriare chi da sempre non si rassegna e la insegue.

A Vittorio Pisani, indiscutibile poliziotto di razza a cui noi tutti ci siamo stretti nel momento più brutto della sua carriera, uomo che la Camorra ha tentato invano di distruggere, vada il migliore augurio di buon lavoro con la speranza che mai venga meno quella umanità, vicinanza, senso dell’istituzione che tutti i poliziotti d’Italia gli hanno sempre inevitabilmente riconosciuto.

A lui e al suo staff vada quindi il miglior auspicio possibile al fine di traghettare la Polizia di Stato dentro quel futuro ancora così incerto e difficile, lo stesso di quella società che ogni giorno serve, nel rispetto delle istituzioni e del popolo italiano.

Buon lavoro al neo promosso Capo della Polizia dott. Vittorio Pisani

DIFENDI, IMPARA, ONORA, AGISCI – ABBA-SAN-TA !!

Non esiste professione senza formazione, non esistono poliziotti senza preparazione e se esistono qualcosa non ha funzionato.

Non è di ciò che non funziona che vi voglio parlare ma di quello che ho visto e vissuto tra le mura di una delle più antiche istituzioni formative della Polizia di Stato, il CAIP di Abbasanta.

CAIP ovvero l’acronimo di Centro Addestramento Istruzione Professionale sorge in provincia di Oristano, nel centro della Sardegna, quella più bella, verde, culturalmente più vera, lontana dai VIP  della costa smeralda ma che a certi VIP dovrebbe interessare in quanto proprio dalla Caserma Straullu escono gli operatori che andranno ad occuparsi della sicurezza di giudici, magistrati, politici o più in generale persone esposte ad alti rischi.

Un lavoro complicato, forse poco comprensibile del quale non si parla volentieri perché per alcuni aspetti essere uno della scorta può essere visto come un servile privilegio del potente di turno.

Ciascuno è libero di avere la propria opinione ma è difficile sostenerla di fronte a persone come Emanuela Loi per esempio, agente di scorta del compiano giudice Borsellino partita proprio dalla Sardegna e che a Palermo ha sacrificato se stessa per la sicurezza del grande Magistrato.

Un compito quello degli operatori scorte fatto di tecnica, di tattica, di prevenzione, di studio, di anticipazione e previsione, un lavoro difficile il cui addestramento arriva da un tempo lontano e che ad Abbasanta e al CAIP si aggiorna, trovando in quel luogo la sua massima espressione.

In questo mese e mezzo di addestramento che mi ha visto parte integrante di uno dei percorsi formativi tra i più belli che si possono acquisire nella Polizia di Stato, ho potuto apprezzare passione e competenza, storia e capacità, esperienza e metodo attraverso l’impegno degli istruttori che da anni si alternano con pazienza nell’insegnare un qualcosa di tanto tecnico quanto difficilmente spiegabile a chi non può avere la possibilità di viverlo da dentro.

Negli anni di servizio accumulati dove la Polizia mi ha dato diverse occasioni per formarmi e addestrarmi per l’ennesima volta ho avuto la conferma che non solo esistono le eccellenze e che queste, specie oggi, fanno veri e propri miracoli viste anche le tante difficoltà che comunque organizzazioni come il CAIP si ritrovano ad affrontare in un momento, quello del cambio generazionale, dove i numeri e le necessità devono imporre a tutti maggiori sforzi e risorse.

Il CAIP di Abbasanta è un luogo di cultura professionale che ha visto intere generazioni di Poliziotti passare da qui, dai tempi di quando c’erano i sequestri di persona, passando per gli epici Baschi Blu e proseguendo con il Reparto Prevenzione Crimine che continua ancora oggi quella missione di presidio del territorio partendo proprio dalle mura del CAIP.

Mentre vi scrivo sono iniziate le celebrazioni per i 45 anni del sequestro di Aldo Moro, era infatti il 16 marzo del 1978 quando una eroica scorta è diventata suo malgrado uno dei semi per pensare a ciò che da quasi mezzo secolo si insegna in provincia di Oristano, un evento drammatico vissuto da un’italia dilaniata dal terrorismo con un paese però che aveva ancora voglia di crescere, di combattere e di credere nel futuro di una nazione che anche oggi dovrebbe ritrovare quello spirito senza quei tanti, troppi morti donati alla bandiera come la Guardia di P. S Raffaele Iozzino che vediamo tragicamente a terra, pistola in pugno, nel gesto di difendere il segretario della DC.

Nel ricordo di quei tragici fatti che tanto hanno segnato la storia del nostro paese lascio la meravigliosa terra sarda ringraziando tutti i colleghi che hanno fatto parte di questo corso di formazione, in particolare dirigente, istruttori e funzionari tutti, che hanno reso possibile la mia ennesima avventura di crescita professionale.

In Giacca Blu – Michele Rinelli

…. ABBRACCIATO AL SENSO DEL DOVERE!

Domenico ZORZINO

A un certo punto volevamo credere nei miracoli, speravamo nel tronco dell’albero, della rapida corrente che ti porta a riva da qualche parte…. invece era ancora lì sotto, al freddo gelido del fiume, letteralmente abbracciato al senso del dovere.

È morto Domenico Zorzino, è morto in una giornata di jogging facendo il suo lavoro, il suo mestiere, la sua missione, è morto da Poliziotto eroe!

Ancora oggi mi capita di riflettere sulla mia ormai ultraventennale esperienza e mai come in questi anni mi sono spesso fermato a riflettere cosa poter dire a un giovane, come tanti che oggi entrano in polizia visto il pieno ricambio generazionale, riguardo a cosa significhi fare e essere un poliziotto.

Peraltro questa riflessione mi è stata recentemente chiesta durante una selezione professionale da un giovane psicologo della polizia di stato, uno di quei dottori probabilmente anche lui appena entrato a fare parte del corpo.

Di quella chiacchierata, a cui forse lì per lì ho dato poco peso, mi è tornata in mente proprio in queste ore, perché parlammo del fatto che una delle principali caratteristiche per essere poliziotti sia proprio l’altruismo, quello che evidentemente Domenico portava ogni giorno con sé insieme a quel tesserino che ha lasciato sulla riva del fiume.

Un poliziotto lavora con le persone, che siano delinquenti comuni, mafiosi, disgraziati in difficoltà, gente perbene il suo primo rapporto è sempre umano ed è sempre di altruismo perché nelle varie declinazioni si sacrifica quotidianamente per cercare di rendere più sicura la singola giornata di tutti i cittadini che incontra e non solo di quelli.

Non avevamo purtroppo bisogno del sacrificio di Domenico, il nostro sacrario è pieno di esempi fulgidi tanto quanto quelli dell’assistente Zorzino certo però è che mai come oggi torniamo al lavoro con la consapevolezza che senza l’altruismo, senza il senso del dovere, senza il senso della missione e dell’istituzione non si è poliziotti fino in fondo come lui  ma individui il cui senso è altrove non certo nei ranghi della Polizia di Stato.

Infine il mio vero pensiero non può che andare alla famiglia di Domenico, a sua moglie e a suo figlio che patiranno per sempre il dolore per un padre e un marito che non c’è più ma che per sempre dovremo noi tutti  ringraziare per l’esempio che ci lascia e che per sempre proprio per questo dobbiamo ricordare.

In Giacca Blu – Michele Rinelli

POLIZIOTTI TUTTO IL GIORNO, EROI PER SEMPRE!

Esci di casa in un freddo pomeriggio di Marzo per andare a fare jogging, scarpe ginniche, pantalone e antivento tecnico, zainetto… la location è quella solita, lungo il fiume, non hai bisogno di fare la prestazione, vuoi solo rimmetterti in forma, mantenere efficienza fisica, fai il poliziotto ed è un buon motivo per rimanere attivo.

Se sei un poliziotto, e lo sei sempre, lo sei anche quando fai jogging così che durante l’allenamento non puoi girarti dall’altra parte quando vedi un anziano che cerca di recuperare la sua auto che, forse complice la distrazione, sta scendendo senza controllo verso il letto del fiume.

Nella tua corsa, nel tuo essere poliziotto vedi quell’anziano non riuscire nel suo intento e inabissarsi insieme al suo veicolo, sono attimi concitati, drammatici, una telefonata al 112 ti separa per un attimo dal tuo istinto “vi aspetto qui, mi butto per aiutarlo, a dopo…..”

Testimoni raccontano che Domenico Zorzino, 48 anni in forza al Reparto Prevenzione Crimine della Polizia di Stato di Padova raggiunge l’anziano, lo recupera ma succede qualcosa e si inabissano, stretti evidentemente nella morsa di un abbraccio gelido, inutilmente salvifico.

Domenico, il poliziotto e Stefano Busso, 70 anni, sono ancora dispersi nelle gelide acque del fiume Gorzone ad Anguillara in provincia di Padova, dalle 16.00 di ieri sera le ricerche sono proseguite per tutta la notte, siamo in attesa di notizie e conferme sull’effettivo recupero di entrambi.

Una ricerca dolorosa, spasmodica, di un uomo in difficoltà e di un poliziotto che non ha esitato a tenere fede a quel giuramento, a quella divisa che ogni giorno indossava, a quella bandiera per la quale tante persone hanno perso la vita.

Avremmo voluto poter credere ai miracoli, ci sarebbe piaciuto poter vedere Domenico e Stefano davanti al Presidente della Repubblica ma non dentro una bara avvolta ma davanti a quel tricolore e una medaglia al valore, Domenico è ciò che non vogliamo ma che ancora inevitabilmente daremo a questa nazione, un eroe!

Esempi di virtù umana e professionale per tutti noi e per chi ancora crede che quella divisa non sia solo un drappo ma un esempio, uno stile di vita, una guida che mai deve essere sporcata o banalizzata.

Un pensiero alle famiglie di Domenico e Stefano, per sempre uniti in questa drammatica tragedia.

In Giacca Blu – Michele Rinelli

VIOLENZA NERA…. “BLACK SCORPION”

I poliziotti arrestati a Memphis per la morte di Tyre Nichols

Memphis, oltre 600.000 abitanti, quasi un terzo di origine afro americana, una città dura, difficile, evidentemente violenta che da qualche giorno è diventata simbolo, 5 poliziotti dalla pelle nera hanno pestato a morte Tyre Nichols per non chiare e precisate ragioni.

Tyre, anche lui, afro americano, uno dei tanti cittadini di Memphis ha incrociato quattro “Black Cops” appartenenti all’operazione “SCORPION” acronimo americano che suona più o meno “Operazione Speciale per il recupero della pace e della  sicurezza del vicinato”.

I 5 black scorpion dopo aver incrociato Tyre, lo fermano, lo tirano giù dalla sua macchina… ma dalle immagini non si comprende il perché di tanta gratuita violenza passata tra taser, spray urticante e manganello telescopico di ferro…. Una azione cruda, terribile, esageratamente violenta che porterà il ragazzo a morire dopo due giorni per emorragia interna.

“Black lives matter” ma stavolta è “Black to   Black”, 5 polizotti neri uccidono un altro nero, un vero e proprio corto circuito, un fuori schema che rischia di costringere l’opinione pubblica americana a guardare la questione a più ampio spettro.

Onestamente non ho mai creduto troppo nella narrativa dei neri oggetto di premeditato razzismo da parte delle forze di polizia americane, se pur non esperto conoscitore della cultura americana che ha di certo dei gravi contrasti insoluti ho sempre creduto che nelle forze dell’ordine il problema si dovesse ricercare nella loro formazione.

Non parlo certo di quella umanistica, o solo di quella, che chiaramente risente del contesto sociale generale, credo però ci sia della impreparazione, della superficialità, tantissima paura di affrontare scenari violenti e spesso armati, del resto non c’è migliore difesa dell’attacco e la pelle, nera o bianca che sia, la vogliono portare a casa tutti…. Ma il problema è profondo, molto più complesso e si rischia di banalizzarlo.

Operare negli Stati Uniti non può essere giudicato con i parametri Italiani ma credo sia oggettivo credere che ci sono contesti dove la violenza è un problema culturale che prima deve essere curato nella società e poi, di conseguenza, nelle forze dell’ordine che del resto sono figli del contesto umano in cui lavorano e dal quale vengono scelti.

Speriamo che questo corto circuito, questo “Black Out” nel vero senso della parola, possa finalmente portare la società americana a ritenere la violenza delle forze dell’ordine un problema che nasce prima di tutto nella società stessa e non un male chiuso all’interno dei dipartimenti di polizia, del resto continuare anche in Italia a ritenere i poliziotti extraterrestri non aiuterà certo a guardare in faccia determinati problemi.

In Giacca Blu – Michele Rinelli

URBANA LATITANZA…

Matteo Messina Denaro, per chi come me inizia la sua avventura in Giacca Blu a cavallo del secolo scorso non può che sentire un brivido lungo la schiena che si trasforma in gioia nel momento in cui capisce che finalmente la latitanza di una delle più grandi bestie di mafia è finita.

Una gioia durata poche ore, tra improbabili interviste alla “Giletti” e l’Italico pensiero che tutto è finto…. e per questo tutto è vero.

Mentre scrivo la notizia che più passa non è quella della cattura, non sono i racconti di quei carabinieri che hanno passato gli ultimi anni della loro professione a cercarlo, tra palpitazioni, intercettazioni, verifiche e rischiose coperture da sostenere, la notizia è quella della dietrologia, quella del complotto, quella che, in fondo, si saranno certamente messi d’accordo.

E ho provato a leggerle le interviste che sostengono la tesi del facile complotto, quelle dove la trattativa Stato/Mafia non si è mai conclusa e a parte argomentate opinioni nulla ho trovato di reale, di concreto ma solo facili congetture tanto banali quanto scontate e che probabilmente si possono applicare a qualsiasi situazione che coinvolge personaggi così importanti.

Perché quindi riusciamo a prendere solo oggi Matteo Messina Denaro? Vogliamo veramente riuscire a sostenere un alto livello politico? Le possiamo escludere? Perché dovrebbe avere o non avere alte coperture istituzionali?

Partiamo da un principio, la malattia è un tempo sospeso nella vita di un uomo, è un momento di debolezza capace di fiaccare il più feroce degli animali, figuriamoci un uomo che, come tutti gli uomini, ha la necessità di curare se stesso.

Ecco quindi il primo punto, la necessità di curarsi, non vi può essere complotto dietro questa esigenza, un animale malato è un animale esposto e, prima o poi, qualcuno ti troverà.

Altro aspetto, Matteo Messina Denaro viveva e si muoveva a Palermo, troppo facili i parallelismi con Totò Riina, entrambi rimasti evidentemente nella normalità dell’agglomerato urbano…. Ma scusate dove sarebbero dovuti rimanere? In qualche caverna della Sila? In qualche bunker antiaereo della seconda guerra mondiale? In una buca in mezzo alle campagne? Luoghi da cui prima o poi devi uscire e se esci proprio da lì qualcuno prima o poi ti nota, luoghi questi che forse hanno anche provato in attesa di diventare vecchi, diversi, “normali” uomini perbene come tanti altri potreste incontrare nella vostra vita.

Ed è nella loro normalità la possibilità di essere “nascosti” tra la gente, con un buon documento contraffatto, forti del loro poter tranquillamente diventare, dopo tanti anni, persone “normali”, perché nascondersi in luoghi isolati quando tra la gente ci si nasconde meglio?

La cosa triste e banale è che il “buon” Messina Denaro avrebbe potuto tranquillamente eludere qualsiasi tipo di controllo di polizia, si permetteva vacanze, viaggi, spostamenti… perché? Avreste mai messo in discussione l’identità di un ultra sessantenne dalla faccia pulita, ben vestito, evidentemente benestante e che si fa identificare con un documento vero di una persona vera, “pulita” di cui non interessa a nessuno?

Su un controllo stradale, per esempio, avreste mai messo in discussione l’identità di un “vecchio”, magari malato, che magari stava andando a fare la chemioterapia?

Messina Denaro quindi è sempre stato protetto dalla politica? Dal livello della politica legato a doppio filo con la mafia? O è stato protetto anche è sopratutto dalle omologazioni? Dai preconcetti? Dal modello sociale di riferimento a cui crediamo debbano appartenere certi uomini di potere criminale?

Credo ci voglia più rispetto verso chi ha speso la propria vita per arrestare persone di questo calibro ma soprattutto si dovrebbero vietare certe elugubrazioni, certe supposizioni perché è vero che il potere è marcio ma non può esserlo sempre, per tutto e in ogni situazione…. Fino a prova contraria, si portino le prove e solo dopo si scriva la storia vera!

Grazie quindi al ROS dei Carabinieri per quanto fatto e rischiato in questi mesi.

In Giacca Blu – Michele Rinelli

POLIZIA 2030….BUON ANNO!

Ed eccoci qui, volge al termine anche il 2022, un anno che per molti forse non è stato poi così diverso dal 2021, speriamo però meglio di quel 2020 le cui tragiche immagini ci accompagneranno per sempre.

In questi ultimi periodi faccio molta fatica a parlare del mio mondo, forse perché ho davvero poco da dire a chi mi segue, forse perché far arrivare messaggi positivi o costruttivi in un momento dove il mondo sta completamente deviando verso scenari sconosciuti e difficili forse è inutile o forse perché nessuno ha più voglia di leggere ma solo di vedere senza guardare…. Del resto criticare senza polemiche non va più di moda.

La cronaca di questo ultimo anno non è stata così diversa da quella degli anni passati, di certo stanno cambiando le generazioni, le percezioni, i mezzi di esprimersi, sempre più audiovisivi, sempre più portati a un eccesso di stupire e per alcuni forse di stupidire….

Devo però dire che vedo con favore, giovani colleghi come Revman, il rapper in divisa, che si esprimono in maniera giovane per i giovani, vedo però anche che i vecchi, come me, con la divisa addosso, troppo spesso credono di poter continuare a pensare al mondo come a quello conosciuto 20 o 30 anni fa, chiedendo e pretendendo dai giovani colleghi espressioni e aspetti che forse erano giovani nel 1999.

Così che per la Polizia del 2023, che deve guardare a quella del 2030, insomma per quella che verrà, nella sua agenda vorrei uno slancio ancora più marcato verso la modernità, dove poter vedere il coraggio di risolvere i problemi in maniera attiva, dove chi gestisce, chi “comanda” non deve avere paura di farlo, anzi deve essere incentivato al cambiamento, alla risoluzione e per questo premiato, perché in questo mondo se un problema non si vede non esiste….e va tutto bene…. Perpetuando il drama del “si è sempre fatto così!”

Nell’agenda Polizia 2030 mi piacerebbe poter vedere una vera comprensione del fenomeno suicidi, per esempio o una vera rivalutazione sul territorio con una presenza più vera, più capillare, più preparata alle sfide di una società che solo nella parola Solidarietà, sostegno e umanità potrà trovare conforto e salvezza.

Una polizia umana quindi, non che oggi non lo sia, ma che il messaggio social diventi sempre più reale, sempre più concreto, una polizia che abbia la possibilità di risolvere i problemi, non di spostarli, non di accantonarli, una polizia che investe sull’ umanità del suo personale, sul suo ruolo sociale di cui alle volte sembra essere orfana, non solo e non certamente per esclusiva sua colpa.

La polizia del 2023 deve quindi guardare al futuro prossimo venturo, ai suoi uomini, alla società che dovrà gestire, una società sempre più povera e chiusa anche sui social, bisognosa di supporto, di umanità che ogni giorno di più viene compressa in una pagina Facebook, in un tweet o in una foto su Instagram.

Dobbiamo però crederci di più, dobbiamo restituire ai giovani colleghi i valori della missione sociale fatta di sacrificio vero, di rinunce vere, di valori umani veri di cui spesso i giovani sembrano essere a loro volta orfani, forse perché espresso in maniera troppo finta su un social network e questo, certo, non solo per colpa loro.

Quindi buon anno, buon 2023 con la speranza che ogni desiderio, ogni positivo proposito possa diventare realtà.

In Giacca Blu – Michele Rinelli

LAMPI BLU DI BUON NATALE

La notte di natale, una notte di distanze, di soste, di auguri, una notte dove la tua casa diventa una vettura colorata di blu “lampeggiante”, la tua famiglia il collega sul sedile di fianco o una sala operativa addobbata a festa.

La notte di Natale è una notte di rinunce, di corse e sirene, di panettoni e spumanti sui cofani, di albe che non vogliono arrivare, di bambini che aspettano, il loro papà o la loro mamma, che magari faranno in tempo a smontare dalla pattuglia per scartare insieme i regali.

La notte di Natale è sotto un albero addobbato, in una piazza, in un condominio, dentro quelle case dove anche la notte di natale saremo lì a portare il nostro lavoro, la nostra professione, la possibilità di cercare di non rovinare anche il Natale di qualcuno che ha bisogno.

La notte di Natale di una Giacca Blu è una notte speciale, vicina e lontana, ricca e vuota, giusta e sbagliata, è la notte che un anno sarà a casa dai suoi affetti e l’anno dopo all’ombra di un lampo blu per gestire, anche a Natale, le storture di società che sempre più continua ad avere bisogno della nostra missione.

…. Perché a Natale siamo tutti più buoni specie se a vegliare su questa certezza potrete ancora incrociare il lampo blu di una volante che corre…. A loro e per voi quindi, BUON NATALE….

In Giacca Blu – Michele Rinelli

LE ROSE BIANCHE NON SPARANO!

Avrei voluto semplicemente scrivere un banale messaggio di vicinanza, uno di quei scritti piatti, uno dei tanti….

Avrei voluto non cadere nella banalità, c’è sempre questo rischio e in questo periodo scrivo poco forse perché o ho poco da dire o sarei banale…

Avrei voluto lasciare la mia collega al suo dolore, alla sua voglia di rinascita, a quella resilienza che la nostra professione spesso impone, insieme a suo marito, ai suoi figli o semplicemente ai suoi affetti, a quel tempo che tutto lenisce ma che non può dimenticare.

Avrei voluto ma non lo farò, non lo farò perché non si possono leggere valutazioni giornalistiche così becere, così vuote, prive di senso…. Perché? Perché a Napoli, quella notte, la collega era armata e, da quel che si legge, ha avuto la freddezza di non uccidere il suo carnefice…(?)

Ma tu, giornalista che riporti valutazioni di questo tipo, credi davvero di esaltare una sottospecie di qualche umanità? Credi davvero che nell’anima di chi sta subendo l’annientamento del corpo e della dignità umana quella donna avrebbe avuto l’istinto, il guizzo, la possibilità di pensare a estrarre l’arma e uccidere?

Ma tu, che puoi esibire senza problema alcuno un legittimo punto di vista, credi che quel tesserino di giornalista ti dia la possibilità anche solo di credere che una donna bestialmente assalita e stuprata possa trovare la forza di sparare solo perché ha in tasca un tesserino da agente di polizia e la sua pistola d’ordinanza?

Ma cosa credete, voi della carta stampata, che una pistola al fianco conferisca chissà quali doti da persone tutte d’un pezzo? Per caso è conclamato che le poliziotte sono addestrate a sparare ad ogni assalto sessuale che ricevono?…. Peraltro il primo e così drammatico ai danni di un esponente le forze dell’ordine.

Perché oltre alla bestialità dell’essere umano dobbiamo sopportare l’inutile banalità di chi vuole a tutti i costi spargere offensivo buonismo nei confronti di una donna che per molto tempo dovrà convivere con il peso di questa drammatica esperienza?

… Ma cosa credete? Che i Poliziotti siano addestrati a uccidere?

…. Che poi, ucciderlo? Perchè? Noi vogliamo giustizia, quella che tiene in carcere questa gente (le bestie), che cura davvero queste persone, che ci mette, a noi che portiamo una divisa, nelle condizioni di essere definitivamente utili alla società, al cittadino, nel rispetto delle regole ma senza inutili buonismi, offensivi, idioti e senza senso.

… E adesso poche parole per te, che ci hai scosso nel profondo, che ci chiediamo come sia potuto succedere, che non abbiamo potuto difenderti e che ora dovrai guadagnare ogni giorno un piccolo pezzo di serenità negata…. A te il pensiero di tutti i colleghi d’italia, di tutta la Polizia di Stato che chiedono, senza urlare, senza manifestare che chi ti ha violato nella tua umana integrità possa essere messo nelle condizioni di non nuocere più a nessuno.

Per te, cara collega, quella rosa bianca che tutto il web in queste ore ti sta dedicando.

In Giacca Blu – Michele Rinelli