
Pur non essendo un periodo facile, l’altro giorno, un anonimo cittadino, mentre eravamo al bar ci ha chiesto se poteva offrirci la colazione…. semplicemente per quello che la nostra divisa rappresenta.
Un gesto bellissimo, in un momento tragico, l’eco delle vicende piacentine sono un macigno pesante per tutti noi, questione che si somma con il ritrovamento di ben 7kg di cocaina nella macchina di un collega appartenente al Reparto Mobile di Reggio Calabria senza dimenticare un episodio violento a Roma dove due appartenenti alla questura della capitale sono stati accusati di un gratuito pestaggio liberi dal servizio.
In questi giorni ho letto molte opinioni, con particolare riferimento a quella che probabilmente verrà ribattezzata “La Banda Montella” di Piacenza e a parte qualche voce oggettivamente fuori contesto ho trovato moltissime analisi assai pertinenti.
IL FATTORE UMANO
Cosa porta un gruppo di divise ad assumere comportamenti che la cronaca ha ribattezzato “Gomorra”?
Probabilmente non esiste una sola causa ma esistono delle concause tutte valide, tutte considerabili ma nessuna unica ed esclusiva perché il fattore umano, nelle scelte che portano una divisa a compiere gesti di un certo tipo è fondamentale.
Per fattore umano si intende tutto, la soddisfazione nel lavorare, l’indole delle persone, il carattere delle stesse ma anche il brodo culturale pregresso e attuale sono elementi cardine.
Nel fattore umano ci inserirei la soddisfazione, il sentirsi parte di un meccanismo che risolve le questioni, che guarda in faccia i problemi, che trova una strada per risolverli dentro e fuori l’istituzione. Un muratore sa fare un muro dritto e un bel cantiere, concluso, dà sempre soddisfazione, chi indossa una divisa non gode di questi parametri anzi è facile che un muro dritto e solido diventi storto o addirittura crolli.
LA DROGA È IL MALE DEL SECOLO!
La droga è il vero grande male di questa società, tonnellate di stupefacenti vengono smerciate in tutta Italia ogni giorno con politiche antidroga, se non desuete, a tratti assolutamente inutili, con un quadro normativo troppo sbilanciato a favore del dettagliante e del consumatore.
Sono pochi gli interventi di polizia o di soccorso sociale dove la droga non abbia una componente determinante e su questo dobbiamo lavorare.
Colpire duramente uno spacciatore è difficile, trovarlo con indosso o al domicilio, quando reperibile, una quantità tale da farlo stare mesi e mesi in galera è pressoché impossibile mentre il consumatore, di fatto, viene sostanzialmente lasciato libero, più o meno giustamente, se continuare a intossicarsi o fermarsi.
LA SODDISFAZIONE, LA STATISTICA E LA CARRIERA.
Tra le tante valutazioni lette in questi giorni si pone spesso l’accento sull’obbiettivo “aziendale”, sulla produttività legata al numero di persone a cui sono state messe le manette, un dato utilizzato in maniera pericolosa dalle alte gerarchie militari e non per distribuire incarichi, privilegi e prebende.
Non può essere infatti ancora tollerabile che un capitano dei carabinieri adotti o caldeggi politiche manettare a discapito di quello che la legge vorrebbe, dovrebbe essere noto a loro signori infatti che il codice penale e la sua applicazione è di fatto l’ultima spiaggia, l’estremo tentativo di mantenere l’ordine sociale, perché deve essere così importante il numero degli arresti rispetto a, per esempio, il numero di persone identificate o di posti di controllo fatti lungo le strade o il numero di provvedimenti di tipo preventivo, fogli di via obbligatori, ammonimenti, allontanamenti dalla casa familiare per i violenti, insomma tutti quei meccanismi volti alla prevenzione dei reati e non alla repressione? Un po’ come quando ci lamentiamo di quei comuni che utilizzano gli autovelox ogni 500mt per fare cassa, in barba allo scopo del codice della strada che nasce per prevenire i sinistri non per reprimerli!
Con questo non si vuole dire che le forze di polizia debbano diventare degli assistenti sociali, ma una buona prevenzione costa meno sotto ogni punto di vista e offre migliori risultati alla cittadinanza.
LA FRUSTRAZIONE….
Certo, direte voi, che ce ne facciamo di forze dell’ordine che non mettono mai le manette?
Meglio mettere le manette a suon di verbali finti perché i meccanismi sanzionatori sono ritenuti inefficaci o, almeno, con gli arresti, per quanto inutili almeno si costruiscono carriere? Magari mi faccio bello con il superiore o addirittura, in questo caso, adotto meccanismi tali da poter avere anche un guadagmo economico dalle mie conoscenze nel mondo del malaffare?
Non è una giustificazione la frustrazione, nemmeno quella di non credere più al sistema, ogni giorno scegliamo di scendere in strada nel rispetto dei cittadini onesti e delle istituzioni democratiche nonché abbracciando i valori di giustizia e fedeltà ed è per questo che nel pacchetto, nel contratto di lavoro dobbiamo inserire la frustrazione data da stipendi non altissimi e, tante volte, di lavorare per niente… altrimenti, con coerenza e senza infamia mettiamo quattro firme e andiamo a fare i fuori legge!
LA SCELTA….
Così che la “Banda Montella” e chi sarà riconosciuto appartenente a tale meccanismo, al netto di chi, e ci sono, è rimasto invischiato in quella melma, evidentemente un giorno ha scelto di cambiare strada, probabilmente perché non più in grado di accontentarsi di quello che passava il convento, sia in termini economici sia sul piano umano e professionale, mi rifiuto di pensare che un “Montella” non abbia mai avuto i requisiti morali per indossare quella gloriosa e meravigliosa uniforme che tanto ho amato e ancora infinitamente rispetto.
PAROLA D’ORDINE: PREVENZIONE!
Ed ecco quindi che torniamo all’inizio, situazioni come quelle di Piacenza vanno prevenute attraverso meccanismi di protezione di chi denuncia le storture, dove un ufficiale che prende il comando non deve avere paura di risolvere i problemi, non deve temere di essere sconfessato da un sistema che oggettivamente spesso difende troppo anche gli indifendibili, dove una bella carriera è fatta anche da chi ha migliorato le condizioni umane e morali di un ambiente lavorativo, militare a maggior ragione, e non solo da quanti verbali di arresto hai firmato. Il silenzio non può essere un valore, l’omertà è roba per mafiosi….
LA QUESTIONE MORALE….
Perché esiste ormai da tempo in tutte le istituzioni dello stato una questione morale che deve essere discussa ai più alti livelli dove le cariche istituzionali, certo fatte anche da correnti, cordate, amicizie, vedi le questioni sollevate con il caso “Palamara” non può derogare però alle capacità, alle competenze, alla professionalità, preferendo quel modo un po’ nepotista di gestire le cose, perché un problema se esiste va affrontato, un dirigente non può sperare che il suo mandato passi senza rogne lasciando il problema o lo scandalo a chi verrà dopo.
…. NON È FINITA QUI…
Se non metteremo mano al concetto di carriera, di capacità di gestione, al concetto di manager pubblico capace di risolvere le questioni e non di ignorarle o peggio di nascondere eventi come quelli di Piacenza, per fare carriera, ne sentiremo ancora, magari non così gravi ma che saranno indici di un problema o ulteriore conferma che dobbiamo risolvere sempre e solo da lì, a partire dal fattore umano.
IN GIACCA BLU – MICHELE RINELLI