UN’ARMA SENZA VALORI…. !

Immagine dal web

“Colpa di un sistema senza valori” , così titola il quotidiano “Open” a seguito della lettera scritta dai familiari di Beatrice Belcuore, allieva Maresciallo che lo scorso 22 aprile ha deciso di mettere fine alla sua vita a soli 25 anni (https://www.open.online/2024/05/15/firenze-allieva-scuola-marescialli-suicidio/)

Il dramma dei suicidi nelle forze dell’ordine è un problema estremamente serio, sempre esistito, la cui genesi e ragioni necessariamente sfuggono alla certa e scientifica comprensione. Le logiche che stanno alla base di chi sceglie di suicidarsi, aldilà dell’epidemiologia applicabile a una “malattia” così difficile, rimangono chiuse nella testa e nei pensieri di chi un giorno non ha visto più vie di uscita al dramma interiore che lo ha colpito.

Il dibattito on line si è chiaramente scatenato, sono tante le risposte, le opinioni, le certezze, personalmente invece, pur rimanendo senza se e senza ma vicino al dramma di una famiglia che con quella lettera ha oggettivamente sganciato una valanga di melma sulla Scuola Allievi Marescialli di Firenze, non riesco a fare altro che pormi domande senza trovare però alcuna vera risposta.

Beatrice era una giovanissima donna, figlia di un brigadiere dei carabinieri, che aveva già vissuto il peso delle stellette, della disciplina, a tratti arcaica e pretestuosa delle caserme, non era nuova alle richieste illogiche, alle punizioni di gruppo, a tutto quel mondo che nella gerarchia e nell’obbedienza “senza se e senza ma” mette le persone sotto pressione ma nonostante questo decide di togliersi la vita dopo una discreta sequenza di messaggi inviati ai familiari dove denunciava l’assurdo di quel mondo.

Tra i tanti, tantissimi commenti sulla mia pagina facebook uno in particolare mi ha colpito, parole scritte da un coetaneo di Beatrice, in quelle affermazioni si leggono tutte le valutazioni di chi, in qualche modo, ha raccolto racconti, opinioni o, forse, le ha vissute in prima persona:

Parole queste che ancor prima di scaricarci di responsabilità definendo questa ragazza debole, magari non portata alla vita militare dovrebbero innanzitutto farci riflettere su cosa effettivamente dobbiamo e possiamo chiedere a questi giovani ragazzi. Quanto i sistemi di addestramento raggiungano i risultati utili al conseguimento delle abilità necessarie nella futura vita di servizio ? Le nostre strutture formative sono davvero al passo con i tempi o semplicemente ancora troppo agganciate a una tradizione figlia di metodi formativi più utili ai nostri bis nonni piuttosto che ai nostri giovani ?

Lapidarie risposte sarebbero semplicemente frutto di una personalissima opinione, per guardare dentro un contenitore di questo tipo devi avere il coraggio di chiedere a chi, per principio, non ha il diritto di pensare, di criticare, di esprimersi liberamente; per valutare cosa davvero si produce dentro quegli ambienti innanzitutto devi avere il coraggio di chiedere.

Chiedere, alla fine del percorso, come ti sei sentito, cosa davvero hai imparato, cosa credevi fosse quel percorso prima di iniziarlo, che cosa ti ha insegnato umanamente e professionalmente, che cosa ti ha fatto sentire apprezzato, che cosa umiliato, che cosa miglioreresti, che cosa elimineresti, quale situazione addestrativa ti ha insegnato qualcosa di utile per la tua futura vita umana e professionale.

Chiedere tutto questo, chiedere, prendendo spunto da quella disperata lettera, cosa ti ha insegnato non poter indossare “I dottor Martens” in libera uscita, che significato ha avuto per te rinunciare alla libera uscita a causa di un voto sotto la sufficienza o attendere un “contrappello” semplicemente per aver fatto “casino”. Queste o altre domande per capire cosa insegnano, se insegnano qualcosa di utile umanamente e professionalmente ma soprattutto comprendere se sono davvero formative per la psiche di un futuro Maresciallo dei Carabinieri.

Io quella divisa, quella dei Carabinieri l’ho indossata per breve tempo quando ancora il servizio militare era obbligatorio per i maschi in buona salute, il non poter uscire a causa di una mancanza o incapacità di aderire completamente a quella che ritenevo essere a tratti una illogica disciplina l’ho vissuta anch’io. Ricordo come fosse adesso il maresciallo che mi impediva la libera uscita perché sorpreso con la mano in tasca durante la coda in mensa, ricordo in maniera vivida il tenente che, il venerdì mentre ritornavo a casa in treno, mi ha sorpreso ad addentare un panino alla stazione…. peccato che indossando la divisa (perché a casa si tornava in divisa) tale comportamento era da ritenersi non decorso facendomi guadagnare 3 giorni senza libera uscita al mio rientro. Molti di noi potrebbero avere mille e più aneddoti legati a questo genere di “soprusi” il cui scopo lo comprendi probabilmente dopo tempo a patto di avere una fortissima motivazione.

Perché la divisa era un abito da rispettare, la mano in tasca o un panino consumato come qualsiasi villano rappresentava un’offesa a chi con quella divisa era caduto nell’adempimento del dovere così come il consono abbigliamento del militare in libera uscita deve rappresentare un distintivo tratto di chi anche libero dal servizio comunque rappresenta un’istituzione dello stato.

Su tutto questo, su cui si può essere più o meno in accordo, i nostri giovani sono in grado di aderire a questa visione del mondo ? In quella Scuola Marescialli si applica ancora in maniera troppo desueta il regolamento di servizio? Lo si applica in maniera così antica e aggressiva tale da gettare alcuni allievi nel più totale sconforto, così profondo da provocare il suicidio?

Se è vero che in determinati istituti di istruzione militare o paramilitare si insegnano cose del tutto inutili se non addirittura dannose per la psiche dei frequentatori perché certi insegnamenti sono ritenuti ancora essenziali ? Lo sono per davvero? Si riesce a spiegare quale sia il vero valore alla base di divieti apparentemente solo capaci di mortificare? L’educazione della famiglia media degli ultimi 20 anni è stata quella semplicemente impositiva o quella permissivo/discorsiva dove la mera imposizione non poteva e doveva trovare spazio? L’ufficiale o il sottufficiale comandante “buon padre di famiglia” che principi “familiari” applica nell’esercizio del “comando” ?

Siamo ancora capaci di sviluppare lo spirito di corpo attraverso le difficoltà che il gruppo deve affrontare attraverso la disciplina imposta dalle gerarchie? Questi giovani sono capaci di sentirsi fratelli di giubba attraverso l’imposizione di assurde regole che ha unito me ai miei commilitoni nel lontano 1998 alla Scuola Allievi Carabinieri di Fossano? Quella esperienza, a tratti apparentemente inutile, mi legò per sempre a persone assolutamente diverse da me per il solo fatto di aver sopportato insieme illogiche tirannie….. i nostri giovani sono ancora in grado di trarre beneficio da questi meccanismi che evidentemente ancora esistono ?

Beatrice Belfiore ci ha lasciato, la sua famiglia non può darsi pace, quanto abbia influito su quella drammatica scelta l’imposizione delle gerarchie militari lo sa solo lei….a noi però il dovere di guardare a queste cose cercando semplicemente di rendere le nostre divise capaci di affrontare la professione, e forse anche la vita legata a quel mestiere, qualcosa di umanamente e proficuamente sostenibile.

In Giacca Blu – Michele Rinelli

È ORA DI CAMBIARE!!

Il Vice Ispettore Christian DI MARTINO lotta ancora in un letto di ospedale dopo essere stato accoltellato alla schiena!

“Non aveva capito fossero agenti”, così si è giustificato Hassan Hamis di fronte al giudice aggiungendo inoltre di vivere nel disagio, nel degrado… nulla di strano e certamente nessuna bugia, le nostre città sono piene di soggetti ai margini che nel disagio sviluppano e amplificano anche patologie psichiche capaci di sfociare in una assurda e immotivata violenza.

Parola alle toghe nel giudicare Hamis, parola alle difese, sacrosante per legge, parola a chiunque basta che si stia sempre al proprio posto.

Le notizie che giungono dal Niguarda di Milano sono estremamente speranzose, l’ispettore Di Martino rimarrà con noi, almeno questo è l’auspicio che in questo momento dobbiamo avere e nella conferma di un inaspettato e definitivo miracolo non possiamo esimerci dal fare il punto su un evento così difficile e drammatico.

Lasciamola stare la politica, quella delle colpe, quella della responsabilità, guardiamo alle scelte, alle questioni, ai perché, perché Christian Di Martino Ispettore della Polizia di Stato ha rischiato così fortemente la vita?

FARE IL POLIZIOTTO È UN LAVORO PERICOLOSO….per quanto si possa sbraitare, indignarsi, parteggiare per il sistema che ci difende come cittadini salire ogni santo giorno su una volante  è rischioso questo però non ci esime dal ragionare sui perché un poliziotto muore.

MORIRE NON DEVE ESSERE FACILE….le giuste dotazioni, l’addestramento, ma anche le leggi, i meccanismi di contenimento delle minacce sociali sono parte integrante della possibilità di rischiare meno la vita per chi indossa la divisa, le leggi, i meccanismi di prevenzione e repressione sono fondamentali…. ma questo forse non ci compete!

AVERE IL TASER NON È LA SOLUZIONE….negli ultimi anni la politica, interna ed esterna alla Polizia di Stato ha spinto molto per introdurre la pistola elettrica, forse ci siamo tutti un po’ illusi che sarebbe bastato uno strumento in mano al “soldato” per vincere la guerra….una pericolosa visione da cui dobbiamo distaccarci per non piangere e soffrire ancora come in questi giorni.

ADDESTRAMENTO E DOTAZIONI, IL VERO NODO DA SCIOGLIERE…. fare il poliziotto non è una mera questione di armi ma di esperienza, consapevolezza, addestramento e equipaggiamenti attivi e passivi, dalle armi elettriche alle 9mm, a uno spray al peperoncino (vero e balistico non nebulizzato da “supermercato”), passando anche per gli strumenti di percussione come gli sfollagente; sono aspetti questi fondamentali su cui è necessario investire, addestrarci, per ridurre il rischio di piangere i nostri operatori.

….ED È SOLO UNA QUESTIONE DI SOLDI? Non si può e non si deve essere ipocriti, le risorse economiche sono un aspetto fondamentale per qualsiasi rivoluzione, perché di cambio di mentalità dobbiamo parlare, si dovrebbe infatti riportare ancora di più al centro la formazione, l’uomo, il poliziotto come elemento cardine per gestire le storture della società. Non vogliamo certo il poliziotto violento, quello che risolve le questioni a ceffoni, quella roba lasciamola all’epopea di certi film del secolo scorso, c’è bisogno però di chi, con equilibrio, possa rappresentare davvero una figura capace di dare un contributo vero ed essenziale alla gestione dei problemi delle nostre città.

….DI COSA ABBIAMO BISOGNO OGGI? non bastano i soldi, ci vuole, ribadisco, formazione, formamentis, nuove dotazioni, una per tutte, che chiediamo da anni per esempio è l’adozione di un corpetto balistico anti lama, uno strumento che sia considerato per legge e a tutti gli effetti un DPI (dispositivo di protezione individuale) così che il datore di lavoro non solo è obbligato a darlo ma anche a rinnovarlo a scadenza tecnica. Cosa che oggi non è, le attuali dotazioni passive infatti sono effettivamente presidi di sicurezza, esistenti ed efficaci, ma non riconosciuti ne ricompresi all’interno della normativa attinente la sicurezza sul lavoro, un buco che oggettivamente deve essere colmato, meglio normato, se si vuole tenere per davvero alla sicurezza delle nostre divise. Ciò che abbiamo oggi è un corpetto “buono per tutti” e guai a comprarsene uno più performante, magari su misura, indossabile comodamente per tutta la durata del servizio a meno di non mettere in conto una sanzione disciplinare!

…..LA SICUREZZA DEVE ESSERE CULTURA DEL LAVORATORE IN DIVISA…. perché l’operatore moderno deve pretendere formazione, deve credere nell’ addestramento, deve volere fortemente che il sistema lo tuteli e lo consideri per davvero un valore e non un chiunque da gettare nella mischia, un interesse questo su cui quelli più attempati come me dovrebbero generare per creare nei nuovi assunti questa essenziale consapevolezza.

…. CHRISTIAN NON È FUORI PERICOLO MA SONO CERTO RESTERÀ CON NOI….ma noi non dobbiamo gettare a mare il dolore di quelle coltellate, il sacrificio di quelle 70 sacche di sangue, la paura di perdere un figlio, un amico, un fratello, Christian dovrebbe poter essere quel momento e quell’evento necessario a dirci “È ORA DI CAMBIARE!”

FORZA CHRISTIAN, CI VEDIAMO SULLA PANTERA!

In Giacca Blu – Michele Rinelli

….TORNA PRESTO CRISTIAN!

Caro Cristian

ti scrivo questa nell’intima certezza, o speranza, che un giorno tu possa leggerla; la tua vicenda non può e non deve essere dimenticata, fatta andare, lasciarla scorrere come fosse qualcosa a cui, un poliziotto, si deve abituare.

Quella maledetta sera mai avresti pensato di incrociare la morte, ne sono certo, nessuno di noi nello spogliatoio, quando infila la pistola in fondina, guarda la “Pantera” pensando possa essere l’ultima volta in cui ci sale….non lo hai fatto come non l’ho mai fatto nemmeno io e quando ancora ci salgo….è come sentirsi a casa.

Quello che ti è capitato poteva e potrebbe capitare a me…. da quando ci hanno messo sul cinturone la pistola “gialla” ci hanno dato una speranza in più….. ma mai credere ciecamente al Taser, strumento meraviglioso e insostituibile ma fallace come qualsiasi arma.

…..la pistola, quella maledetta calibro 9, la beretta, quella che negli ultimi trent’anni l’abbiamo associata solo a guai, alla morte, ma non a quella del nostro avversario, del delinquente di turno…..no, alla nostra…..la nostra “Morte Civile” dove l’adagio del brutto processo che si preferiva al bel funerale è diventato semplicemente il principio per cui sparare, anche quando serve, non è mai l’opzione preferibile …. perché ? Tu Cristian lo sai…e lo sanno anche i colleghi che stavano con te!

…..e lo sanno tutti coloro i quali in questo momento solcano le nostre città a bordo delle pattuglie di ogni forza di Polizia, sopraffatti dalla paura dell’atto dovuto, delle spese legali, della famiglia distrutta, del mutuo che potresti non essere più in grado di pagare perché, in fondo, hai preferito inconsciamente il “bel funerale” al brutto processo quello che, spesso e volentieri, comunque ti condurrebbe alla morte…..di un altro tipo.

Caro Cristian, al tuo risveglio il problema non sarà tanto quale sarà la giusta punizione per il balordo che ti ha ridotto in quel modo, sappiamo già quanta politica e quanta pubblica opinione sarà lì pronta a difendere il suo disagio, la sua condizione, la sua violenza, quella violenza che sarà colpa nostra, il vero problema, “caro collega” sarà onestamente chiederci cosa avremmo tutti noi potuto fare affinché questa storia non potesse passare da questa drammatica situazione.

Ed allora guardiamoci in faccia e diciamocelo che abbiamo bisogno di dotazioni passive migliori, di una formamentis migliore, di eliminare e di scrollarci di dosso la paura della “Morte Civile”, di una società e di un sistema politico, giudiziario e sociale pronto a distruggere l’uomo dentro la divisa.

Perché il poliziotto, caro Cristian, lo sa che fa un lavoro pericoloso, lo sa che potrebbe non tornare a casa ma il poliziotto, quello vero, quello in prima linea, come te, non può ancora accettare quel sistema che lo distrugge per partito preso, che lo ignora nelle sue difficoltà, che non gli assegna le giuste dotazioni come un adeguato corpetto anti lama personale ma soprattutto che non gli consente di agire sentendosi sempre, come in questo caso, dalla parte giusta…. perchè noi, Cristian, stiamo dalla parte giusta!!!

Forza Cristian, torna presto con noi, tieni duro.

In Giacca Blu – Michele Rinelli

L’ARMA DEI SINDACATI TUTELI QUEI CARABINIERI

La melma scivola impetuosa, schizza e coinvolge chiunque voglia provare ad arrestarla per questo i vertici militari dell’Arma modenese non hanno esitato a comunicare in pompa magna lo spostamento ad altri incarichi per chi, il tribunale del popolo mediatico, aveva già scritto la sua inappellabile sentenza.

Incredibilmente sembra essere girato il vento, l’onda di fango e melma ha trovato una piccola diga, i titoli di condanna si sono trasformati in più prudenti “quel video era una ricostruzione parziale” e le domande sull’etica di chi confeziona e gestisce le notizie vanno ad alimentare quelle su dove voglia volgere effettivamente lo sguardo questo sistema.

Cosa accadrà a questi militari adesso? Continueranno ad essere additati comunque come dei delinquenti in divisa? Il sistema Arma cosa prevederà per loro? Una giusta sanzione disciplinare perché comunque hanno creato nocumento alla benemerita istituzione? Scomoderanno anche l’anacronistico tribunale militare sempre pronto a scagliare vergati avvisi di garanzia ad applicazione del poco attuale “codice penale militare in tempo di pace”?

Il pericolo concreto, reale, per nulla peregrino è che quei militari per il solo fatto di essere stati vittime di un taglia e cuci “cinematografico” abbiano a pagare il solo fatto di non essere stati più comodamente assegnati a un magazzino vestiario, a un nucleo comando o un ufficio “OAIO” il cui nome dal suono esotico dà proprio un senso di maggior leggerezza rispetto a quante responsabilità e problemi si può avere a bordo di una gazzella…. senza nulla togliere a chi in ogni mansione fa bene il suo mestiere.

L’appello quindi è per le neonate organizzazioni sindacali che l’ Arma a fatica cerca di portare avanti affinché vigilino sulle reali conseguenze e sulle reali tutele che gli uomini dei radiomobile d’Italia devo avere soprattutto in circostanze come questa.

In Giacca Blu – Michele Rinelli

DALLA LIBIA A MODENA SOLA ANDATA…..

“Trattato così solo in Libia”, sono queste in sintesi le parole che cavalcano l’onda dell’indignazione, una melma di fango che parte da Modena e investe i colleghi dell’arma dei carabinieri già “trasferiti ad altri incarichi”.

Tralascio le personali opinioni su quello che si vede in quel video, non discuto sull’ipotetico referto medico che certamente ha alimentato il fascicolo sul tavolo del procura di Modena, non giudico l’operato di chi ha mostrato maldestramente quello che significa avere a che fare con quella cittadinanza che se ne sbatte di chi indossa una divisa, che resiste al dovere d’ufficio, che non vede l’ora di mangiare sulla testa, o sul “cadavere”, della divisa di turno , io mi chiedo però perché?

Perché hanno agito in maniera così scomposta? Perché non lo hanno portato a terra e ammanettato? Quale azione di polizia è stata effettivamente portata a compimento e con quali modalità? Che tipo di strumenti hanno a disposizione? Tecnici, mentali, tattici e di presidio?

Perché è facile dire quello che non dovevano fare ma nessuno si chiede quanto si addestrano i nostri carabinieri? Quante pattuglie, e quindi personale, avevano a disposizione per andare ad aiutarli? Quale formamentis, oltre a saper fare un perfetto saluto alla visiera, ancora hanno per fronteggiare un mondo che non vede l’ora di metterci alla berlina?

I vertici, tutti, al posto di mettere solo a tacere la pubblica opinione, con un  “giusto” trasferimento, ci pensano a quante ore di addestramento vero, concreto, reale, riservano ai loro uomini?

Perché queste immagini, e mi si perdoni la franchezza, non sono figlie di uno spirito violento, che a mio avviso non c’era, basta guardare le sequenze, queste immagini sono figlie di quella impreparazione che i vertici non vogliono considerare e che i singoli, diciamolo, non vogliono sanare.

Per questo, e concludo, le polemiche stanno a zero, pensiamo piuttosto a dare buon addestramento e buoni strumenti alle nostre forze dell’ordine e vedrete che solo grazie alla professionalità, quella vera, potremo salvarci da certe polemiche e certi scandali o almeno potremo fare in modo di diminuire di molto certi episodi.

Signori generali, ci tenete davvero alla vostra truppa? Addestrateci di più e meglio, incentivate a cercare professionalità vere riconoscendo anche esperienze esterne alle proprie scuole di formazione perché troppi sono i professori che fanno questo lavoro e troppo pochi, evidentemente, i professionisti formati…e non certo solo per colpa loro.

In Giacca Blu – Michele Rinelli

….NESSUNA RETORICA!

Non è una bella giornata per scrivere un pensiero che non abbia retorica, tra svolazzanti mimose e bacheche dai riflessi gialli le frasi fatte e le foto di circostanza si sprecano un po’ ovunque.

Ieri sera tra l’imperante retorica, tramite il piccolo schermo del TG1 delle 20.00 ho incrociato lo sguardo di Alessandra, la “Rosa Bianca” che nell’ottobre del 2022 ha conosciuto l’orrore della violenza cieca sul suo corpo.

In quei giorni ebbi a scrivere sulla sua vicenda, su quanto fossero assurdi quei commenti squallidi e privi di qualsiasi logica che, quasi scandalizzati, ritenevano impossibile che una persona come lei, donna poliziotto, potesse essere stata vittima di tanta e inumana ferocia. https://paroleingiaccablu.wordpress.com/2022/10/21/le-rose-bianche-non-sparano/

In quei stessi giorni fui contattato dai colleghi di Napoli, Alessandra mi voleva parlare, una richiesta che mi mise a disagio, cosa avevo mai scritto di così particolare? La paura più grande era in verità di aver sbagliato, di aver detto qualcosa di storto ma soprattutto cosa avrei potuto dire a una donna violata e quasi uccisa da una bestia appartenente al mio stesso genere?

Fortunatamente Alessandra fu molto rassicurante, forte, io abituato a vedere donne abusate in prenda a crisi feroci di pianto, smarrimento , disperazione, rabbia… invece ho avuto a che fare esattamente con chi aveva già messo tutto al suo posto, aveva già compreso cosa avrebbe fatto e che da subito mi consentì di dirle che quella drammatica esperienza sarebbe stata l’inizio di un nuovo compito, di un nuovo ruolo proprio perché nessuno come lei con indosso la nostra divisa avrebbe potuto aiutare le centinaia di donne che subiscono la cieca mostruosità di quando il maschio nasce prima di tutto bestia.

Oggi Alessandra Accardo è una testimone a viso aperto di chi ce l’ha fatta, di chi non ha lasciato vincere i demoni del male, di una donna che può e vuole vestire quella divisa aiutando altre donne, e noi uomini in divisa, a comprendere quella tragedia, spesso quotidiana, di donne uccise nell’anima e nel corpo da bestie travestiti da esseri umani.

Ed oggi, festa internazionale delle donne, il mio augurio quanto più possibile lontano dalla retorica è quello di essere in grado di rimanere al proprio posto, fedeli alla propria missione, al proprio compito, come Alessandra, cercando ogni giorno, nel bene che gli essere umani possono ancora esprimere, la possibilità di essere forza e testimonianza capace, come fa lei agli eventi a cui partecipa, di portare la sua speranza e consapevolezza che, rimanendo ciascuno al proprio posto e credendo negli ideali che si abbracciano, migliorare questo mondo è ancora possibile.

Grazie Alessandra, grazie a tutte quelle donne che come lei ce l’hanno fatta.

In Giacca Blu – Michele Rinelli

IL POLIZIOTTO CHE RIDE

“IL POLIZIOTTO CHE RIDE” (foto falsa???)

Non ricordo, a memoria, un attacco così pesante all’operato delle forze dell’ordine, pesante e articolato, forse dal 2001 non si assisteva a una così grave strumentalizzazione, e intendiamoci, nel 2001 la melma era davvero molto, molto più grossa da scrostare.

L’esternazione del Presidente della Repubblica è forse quella che fa più male, quella che legittima l’istantanea simbolo di questa vicenda: “Il Poliziotto che ride”

Non basta quindi una capo di stato che smonta qualsiasi tipo di narrazione alternativa allo sbirro cattivo e violento, non è sufficiente un capo della polizia che non farà sconti, il male sono i poliziotti e, permettetemi, questo non lo posso accettare.

Dove sta il il sadico ghigno in una foto così sgranata? Dove sta la conferma e l’evidenza del male in un gesto e in una situazione che per quanto sbagliata non può essere letta sul volto coperto e sbiadito dalla distanza dell’obbiettivo ma soprattutto in cosa volete cercare il male?

Perché se volete cercarlo in quei pixel sappiate che se quel poliziotto sarà giudicato come la quinta essenza del diavolo non avrà sconti e laddove ritenuto colpevole potrebbe anche rischiare il posto ma state attenti a credere che il problema sia il suo ghigno, eliminare il suo o quelli di altri in futuro sarà estremamente semplice.

Perché i lividi di quei giovani finiti in un gioco più grande di loro spariranno, qualcuno magari, motivato ad arte, diventerà anche un bravo esponente di partito o forse di governo ciò che non sparirà sarà la certezza che un maldestro cordone di polizia può tranquillamente essere valicato.

Nessuno ci racconta cosa c’è oltre l’accoglienza dei professori ai giovani feriti ( https://www.facebook.com/share/p/XjcSGczFiKLeUf3a/ ) , nessuno intravede nell’indisciplinata folla i cittadini di domani, in quei corpi lividi nessuno legge la metafora di una società che nega le sue stesse regole e che non si accontenta di punire gli eccessi ma vuole l’annientamento umano e materiale di chi quegli eccessi li ha inferti così che, in futuro, non solo avremo cittadini irrispettosi della loro stessa società ma anche poliziotti a difenderla per davvero.

Perché dopo aver curato le ferite dei “manganelli” se volete bene ai vostri figli, credendo che nel tempo una società giusta si debba basare sul rispetto delle regole, ricordate loro che di fronte a una divisa che vi chiede, per dovere, di fermarsi è necessario farlo, perché? Semplicemente perché se dovesse saltare un principio di questo tipo i cordoni stessi (leggasi vostri figli  che diventeranno poliziotti ) potrebbero cominciare a credere che non sia più giusto bloccare chi non rispetta le regole e se dall’altra parte ci sarete voi, quelli del “poliziotto che ride” rimarrete voi e solo voi ad arginare le storture della società che avete voluto e che mai come oggi ha bisogno di ritrovare esempi e riferimenti.

Fate del bene ai vostri figli feriti e fate ripensare loro ciò che di sbagliato hanno vissuto….per gli altri, per i “Poliziotti che ridono” state tranquilli, stanno già suonando le campane a morto.

IN GIACCA BLU – Michele Rinelli

QUEI “MANGANELLI” SONO UN FALLIMENTO!

Quei manganelli usati contro i ragazzi che partecipavano ai cortei pro-Palestina a Pisa “esprimono un fallimento“, queste le parole del Presidente Mattarella che prosegue , “L’autorevolezza delle Forze dell’Ordine non si misura sui manganelli ma sulla capacità di assicurare sicurezza“. ( https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/02/24/scontri-a-pisa-mattarella-telefona-a-piantedosi-i-manganelli-contro-i-ragazzi-esprimono-un-fallimento/7457865/amp/ )

Un messaggio chiaro, durissimo e senza ambiguità quello espresso dal signor Presidente della Repubblica, un monito duro sostenuto in maniera ancora più dura attraverso le parole del signor Capo della Polizia Vittorio Pisani – intervistato al Tg1 – ha detto che “purtroppo durante i servizi di ordine pubblico a Firenze e a Pisa i nostri operatori hanno posto in essere delle iniziative che dovranno essere analizzate singolarmente e verificate con severità e trasparenza.  Quando le manifestazioni non sono preavvisate o non vengono condivise con la questura, possono verificarsi dei momenti di criticità, però questi momenti di criticità non possono essere una giustificazione“. ( https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/02/24/scontri-a-pisa-mattarella-telefona-a-piantedosi-i-manganelli-contro-i-ragazzi-esprimono-un-fallimento/7457865/amp/)

Così che i più alti vertici del paese hanno ammesso evidentemente una grave incapacità per la quale chi ha organizzato quel servizio di ordine pubblico fino a coloro i quali hanno usato i “manganelli” dovranno pagare.

Al di là delle reazioni politiche, al di là delle scelte di campo, oltre ogni ragionevole o irragionevole pensiero credo ci siano alcuni assunti  da contestualizzare.

Intanto cominciamo con il lessico, durissimo, del Presidente Mattarella, uno che ha visto gli anni di piombo, la lotta di classe, ciò che erano le piazze, quelle dure per davvero e l’utilizzo del termine “Manganello” risulta un po’ offensivo, oggi come ieri, anche perché la legge ci mette in mano degli sfollagente, un’arma di plastica dura e flessibile che non è proprio la stessa cosa dei più duri, e spesso fatti di legno, manganelli.

Certo, al Signor Presidente Mattarella dobbiamo perdonare certe definizioni un po’ desuete ma quando parla di autorevolezza mi piacerebbe sapere come potrebbe essere possibile esercitarla di fronte a chi, a priori, aveva già scelto di non curarsene perché, l’autorevolezza, se non te la riconoscono non c’è, fermo restando che l’autorità, quella sì, esercitata in quella piazza, ha sempre provocato gioco forza sempre dei danni e nessuno come il signor Presidente Mattarella sa di ciò che parlo perché nessuno meglio di lui può ricordare cosa furono i tragici anni ’70 del secolo scorso.

Dal canto suo anche il Signor Capo della Polizia Pisani reagisce al fallimento annunciando dure e legittime sanzioni nei confronti di chi non ha giustificazioni per non essere stato in grado di gestire il disastro, abbiamo fallito e dobbiamo pagare, una ovvietà purtroppo.

Tali prese di posizione non aiutano certo a guardare il nostro mondo con serenità, chi ha sbagliato, se ha sbagliato e dove ha sbagliato è giusto paghi ma, intendiamoci, non è semplice sentirsi nel torto rispetto a chi regole non aveva, è difficile pensare al fallimento di chi, pur avendo sbagliato sul piano tattico e evidentemente anche su quello tecnico ha respinto una folla che non aveva diritto di passare perché, mi chiedo, la prossima manifestazione di ragazzini 16 enni come faremo a non sbagliare? Come faremo a non fare male ? Con quali strumenti ? Con quali attrezzi? Con che mezzi ? Come si fa a dare ordine a un mondo che non ritiene evidentemente legittimo sbarrare la strada a un corteo non autorizzato finito sulla strada sbagliata? Certo si farà tesoro degli errori fatti ma senza regole vale tutto e non vale nulla.

E penso quindi alle parole del Presidente Mattarella, qual è il senso dell’autorevolezza se l’autorità di pubblica sicurezza non può più ordinare di fermarsi? Lo può fare, certo, ma a che prezzo? In che modo? Perché gli abusi si devono perseguire, ho sempre pensato che nel più feroce dei delinquenti ci sono le ragioni dell’uomo con le sue debolezze e incoerenze, mai farsi forti della sola divisa ma come possiamo definire l’autorevole autorità in un mondo dove nulla è al proprio posto, nemmeno il dovere di sbarrare la strada a un corteo non autorizzato?

La cronica incapacità di guardare al futuro della società ci sta rendendo un popolo isterico di fronte all’ordine delle cose, nell’inconsistenza di questa società verso dove dobbiamo guardare per regolare il giusto e l’errato?

Le mie sono solo le domande di un padre che indossa una divisa e che ogni giorno si spende per dare ordine nella vita della propria creatura perché senza regole, senza  rispetto, senza autorevole autorità esercitata solo per definire il giusto dallo sbagliato è difficile dare un senso alle regole stesse.

….con deferente rispetto….

IN GIACCA BLU – Michele Rinelli

RAPINA FALSA, ADDESTRAMENTO VERO!

Cuneo, venerdì 16 Febbraio 2024, giunge un allarme tramite il 112 NUE, una filiale della banca intesa non risponde da tempo alla direzione Centrale, i protocolli di sicurezza impongono la chiamata alle forze dell’ordine, tale comportamento presuppone la possibilità di una rapina con ostaggi.

Ecco quindi che le forze in campo immediatamente si attivano per andare a gestire uno degli scenari più pericolosi e complicati, il malvivente asserragliato è infatti una delle casistiche dove il coordinamento delle forze e l’approccio tattico operativo sullo scenario possono fare davvero la differenza in termini di sicurezza sia per gli operatori che intervengono che per la popolazione civile che inevitabilmente viene coinvolta.

Così che Polizia di Stato, Carabinieri e Polizia Locale, ciascuno per le proprie competenze mettono in sicurezza la zona, delimitano l’area e agiscono in maniera coordinata per quella che poi si rivelerà essere una gran bella occasione di addestramento congiunto infatti la filiale era chiusa, nessuno rispondeva perché semplicemente nessuno era presente all’interno per rispondere.

Così che, passata la paura, perché tanta deve essere gestita e smaltita, tra una risata e una battuta, una volta appurato il falso allarme le pattuglie certamente saranno andate, dopo, a rilassarsi di fronte a un buon caffè…..

Quella foto più altre che facilmente si trovano in rete evidenziano la plastica necessità di prevedere giornate di simulazione e di addestramento congiunto tra le varie forze di polizia presenti sul territorio, azioni di questo tipo, laddove improvvisate, possono portare a veri e propri disastri che possono essere prevenuti solo attraverso una lungimirante collaborazione che possa prevedere periodici incontri per imparare, come in questo caso, a lavorare tutti insieme.

Mi permetto questa riflessione perché troppo spesso si vedono ma soprattutto si sentono discorsi dove alcuni vertici non solo ritengono l’addestramento un qualcosa di estremamente marginale ma, specialmente negli ambienti più radicali (leggasi militari), abbassarsi ad addestrarsi con i “civili” è motivo di disdoro per la spocchia di chi credere di essere un unto dal signore.

Da Cuneo ci arriva quindi un messaggio chiaro, limpido e lineare, per lavorare insieme sul territorio insieme dobbiamo trovare il tempo di poterci addestrare…..riusciremo un giorno a capirlo?

IN GIACCA BLU – MICHELE RINELLI

….BUON 2024

Ho sempre meno tempo di scrivere, il tempo è quella cosa che non è mai uguale a se stessa, sfugge quasi impalpabile sino a quando voltandoti indietro non ti rendi conto che è trascorso lasciando e portando un mucchio di vita.

Così che ripensi a quel tempo, a quello dove non sembrava così importante il fatto che scorresse e se pur non provi nostalgia pensi quanto poteva essere bello poterlo guardare senza temere il peso di quello che era già trascorso…..

Così che più che passa lo apprezzo e lo ricordo con nostalgia negli occhi di quei tanti giovani e giovanissimi che indossano la Giacca Blu, sorrido nel rivedermi a vent’anni quando credevo e non sapevo, quando lo sguardo era sempre rivolto verso una carriera e una esperienza piena, ricca e senza limiti.

Così che in questo 2024 vorrei solo augurarci un futuro capace di soddisfare le aspettative, i sogni, le speranze, i desideri di giovani, meno giovani e diversamente giovani con un pensiero speciale a chi stasera annuncerà lo 011 in uscita a bordo di una volante, per una manifestazione di ordine pubblico a una sala operativa a tutela di chiunque vorrà festeggiare ovunque in Italia.

Perché i lavori speciali sono quelli che si fanno quando gli altri festeggiano e si divertono anche se spesso questo non viene considerato e apprezzato.

Buon 2024 a tutti voi soprattutto a chi stasera brinderà con un bicchiere di plastica, un panettone e l’orecchio a una radio che gracchia.

IN GIACCA BLU – Michele Rinelli