INSEGNATE LA BANALITÀ DEL MALE!

Si aspettava solo la prova, la conferma, si aspettava semplicemente fosse ritrovato il corpo di Giulia Cecchettin, troppe erano le evidenze che dicevano a tutta l’Italia che era l’ennesima vittima di un morbo senza tempo.

Tantissima è la rabbia che suscita la sua fine, per chi indossa la divisa, per chi ogni giorno tocca con mano la violenza esistente nelle case di tanti italiani, la storia di Giulia colpisce per la vigliaccheria del suo carnefice.

Non esiste nessuna violenza che possa essere giustificata ma nelle troppe storie tristi che un appartenente alle forze dell’ordine incontra nella sua vita professionale ci sono indici a cui ti abitui, ci sono elementi che ricorrono, dai una spiegazione al distruttivo momento omicida di un femminicidio classico….ma per Giulia no, questo non c’è!

Ma che razza di uomo senza attributi è quello che ti porta a cena, ti cerca, dice di amarti e poi ti lascia rotolare in fondo a un lago?

A quale categoria disumana appartiene un individuo che vede nella laurea del proprio amore la causa di una mancata opportunità di riunione, quale carenza, quale morbo, cosa convince l’essere disumano a uccidere per sopprimere la vita altrui ?

Quando parlo di vita non parlo di quella biologica, quella del corpo che pulsa, parlo di quella che racconterai ai tuoi figli, ai tuoi nipoti, al tuo nuovo fidanzato o alla tua amica del cuore….. perché quella evidentemente ha voluto sopprimere e solo quella, semplicemente perché lui sarebbe stato, un giorno, il racconto di una storia andata male, un buco nero nel libro della vita….

Quel morbo, quella malattia, quella condizione non può essere follia, troppo facile, troppo semplice, non assolviamo l’individuo che sa essere lucido, che compie gesti consapevoli, studiati, calibrati….. quell’essere è solo il portatore “sano” di quella che nessuno vuole più vedere: la cattiveria.

Perché nessuno parla più della banalità del male, perché abbiamo fatto di tutto per negare l’esistenza del male, perché abbiamo creduto che fosse giusto far credere che il male non esiste?

Ed è qui che forse ci dobbiamo fermare, ai nostri figli dobbiamo dire cosa sia il male, come riconoscerlo, come allontanarlo, come elaborarlo, come difendersi.

Se il male non c’è il male non esiste questo mi sembra di vedere ogni giorno negli occhi delle tante persone che incrocio, negli occhi dei tanti, troppi giovani che trovano normale fare i bulli, prevaricare i loro pari le cui famiglie non sono disposte ad accettare di insegnare ai loro figli la gravità di coltivare, nelle loro anime, nei loro gesti, la gravità del male, non ci sono solo ragazzate da contrastare ma spesso evidentemente qualcosa di più!

…e per favore non citiamo l’infermità mentale… perché quel disagio non può essere sinonimo di malattia psichiatrica, troppo comodo tirare per la giacchetta la psichiatria, la psicopatologia, il male è in ognuno di noi, il male fa parte del nostro esistere, del nostro essere e solo insegnando a riconoscerlo, da dentro e da fuori, si possono creare le condizioni per salvare le giovani vite come quelle di Giulia Cecchettin.

A lei, ai suoi genitori, alle sue amiche, a tutti coloro che hanno cercato di difenderla da quel male, che forse non è stata in grado di riconoscere e contrastare, perché illusa da un uomo che non poteva e non doveva essere “il male”, vada il più sincero abbraccio di un padre con la divisa che, come tutti i genitori, sempre di più fatica a capire quali siano gli strumenti giusti da dare ai figli, buoni o cattivi che siano, per prevenire drammatici eventi come questi.

In Giacca Blu – Michele Rinelli

ARRESTATO SHIVA, IL SEGNO DEL TEMPO!

Ci sono notizie che segnano un non ritorno, un passaggio sociale, un segna tempo, la cronaca di questi giorni lo scandisce netto e pericoloso, l’arresto del Trapper Shiva è uno di questi.

Per un ultra 40 enne come me comprendere l’arte o presunta tale che esprime un individuo come Shiva rasenta l’impossibile ma per un operatore di polizia che ogni giorno guarda in faccia il disagio giovanile comprendere il messaggio implicito di questo arresto è necessario.

Arte e violenza infatti si sono da tempo letteralmente fuse in un mix che svuota l’arte e aumenta la violenza rendendo il messaggio artistico e il raggiungimento della notorietà un percorso dai tratti criminali, non a caso altri trapper famosi come Emis Killa hanno portato solidarietà al collega arrestato per il gravissimo reato di tentato omicidio.

Se pur la qualificazione giuridica del fatto probabilmente verrà rivista le cause sociali del fenomeno sono oggettivamente più importanti di quelle del singolo fatto perché, portando un parallelismo forse un po’ improprio, l’arresto di un Vasco Rossi per qualche cannetta rispetto a uno che va in giro con una pistola con la matricola abrasa, fa oggettivamente sorridere perché il primo era certamente il frutto di un bigottismo estremo che alla fine faceva male alla società in un senso e nell’altro ma se siano passati dalle canne di hashish alle canne delle pistole abbiamo semplicemente peggiorato più di qualcosa.

L’azione di contrasto al disagio giovanile che di recente è passata dal “Decreto Caivano” deve proseguire con azioni ancora più forti che non sono quelle delle carceri ma della prevenzione, dell’educazione non solo nei confronti dei minori ma verso i genitori privi evidentemente a più livelli di esempio e di formata informazione.

Non possiamo credere di risolvere la questione con ammonimenti, daspo, carceri, divieti o multe, dobbiamo guardare oggi al futuro contenendo il presente, i genitori di oggi devono poter avere accesso gratuito a formazione, consulenza, sostegno, non possiamo credere che questa violenza sia l’ineluttabile conseguenza di un problema generazionale.

Troppo semplice prendere un giovane e buttarlo in carcere, posti che contengono ma tendenzialmente imbruttiscono chiunque passi per quelle mura.

Noi genitori, tutti, dobbiamo intercettare il prima possibile il germe della violenza, dobbiamo contrastare i messaggi, gli esempi, i modelli distanti dal concetto di rispetto ma soprattutto la società deve capire come veicolare le frustrazioni di un mondo sempre più incapace di accogliere i nostri giovani in contesti di reciproca realizzazione e accettazione.

….. perché è vero che alcune cose sono sempre esistite ma gli ultra quarantenni come me una possibilità di essere e di realizzarsi riuscivano comunque a intravederla, per i giovani di oggi sembra proprio non sia così e che la violenza, troppa più di prima, sia uno dei tanti mezzi estremi, come questa società, per emergere….

In Giacca Blu – Michele Rinelli

PIÙ PADRI E MENO AVVOCATI

Fanno discutere le immagini del Maresciallo dei Carabinieri che a Viterbo ha schiaffeggiato un ragazzo, un intemperante giovane che ha visto l’ arrivo dei Carabinieri a casa sua a causa del volume della musica tenuta troppo alta.

Il gesto, immortalato da delle telecamere, è stato poi successivamente utilizzato per accusare i carabinieri di violenze ai danni dell’ esagitato il cui schiaffo è stato il gesto istintivo agli insulti che i militari stavano ricevendo per il loro intervento.

Il “Commentificio” sui social si è quindi scatenato, chi dalla parte del giovane chi, e non sono pochi, a sostegno dell’operato dei carabinieri i quali, secondo alcuni, con quello schiaffo hanno colmato un ruolo che doveva essere svolto, già molto tempo fa, dai genitori del giovane.

Mi duole dover criticare il gesto dal punto di vista professionale, mi duole perché è davvero dura, credetemi, avere a che fare con tanti ragazzi che non sanno cosa sia il rispetto del prossimo, della società, delle istituzioni, della autorità ma non è l’ autorità statale a poter risolvere ciò che la famiglia in termini di educazione non è riuscita a fare.

Nei giorni in cui è di estrema attualità il”Decreto Caivano” che proprio a giovani e giovanissimi si rivolge e che mira a prevenire il degrado della società e dei ragazzi, quello schiaffo diventa la plastica conferma che abbiamo un paese diviso, spaccato, a tratti fermo e che crede che un Maresciallo di paese , nella migliore e più nobile accezione, possa con uno schiaffo “paterno” ottenere di ricondurre quel giovane sulla via del rispetto delle istituzioni.

Quello schiaffo, sulla cui reale offensività fisica credo si sia tutti d’accordo essere pari a zero, diventa evidente essere a maggior ragione inutile in termini educativi e di ordine pubblico, anzi, quel Luogotenente ora dovrà addirittura giustificarsi per aver indebitamente schiaffeggiato quel giovane dovendo mettere mano al portafogli per pagarsi una giusta e adeguata difesa per reati che partono dalle percosse aggravate all’abuso dei mezzi di correzione, quest’ ultimo in particolare applicato solitamente proprio in situazioni come queste tra genitori e figli.

È vero, abbiamo bisogno di più padri e meno avvocati, abbiamo bisogno di esempi e ideali ma probabilmente dobbiamo rassegnarci a subire determinati meccanismi umani sperando, forse, che la distruzione sociale, intesa come il totale disfacimento del vecchio a favore di un nuovo, di cui ancora bene non si conoscono i contorni, possa essere quanto più rapido possibile…. perché ormai di ciò che eravamo non è rimasto più nulla e prima lo accettiamo prima riusciremo a trovare gli strumenti giusti per riequilibrare quella collettività completamente persa, smarrita, impaurita dove la violenza non è la soluzione ma forse l’inevitabile viatico verso un nuovo mondo, un nuovo modello di società che, a noi che abbiamo la divisa, spetta l’ingrato compito di dover gestire senza diventare noi stessi vittime e carnefici di determinati ingranaggi.

In Giacca Blu – Michele Rinelli

PARTIAMO DAI GIOVANI DI CAIVANO?

Lo hanno chiamato “Decreto Caivano” quella che al momento è solo una bozza di legge dedicata al contrasto del disagio giovanile, un termine “disagio” forse troppo riduttivo rispetto alla portata del problema per chi da padre con la divisa in dosso tocca con mano quotidianamente la povertà valoriale che colpisce trasversalmente tutte le estrazioni sociali dei nostri tessuti urbani.

Bisogna dire però che il “Decreto Caivano” è già un inizio, una legge che ha almeno 15 anni di ritardo, che nessuno ha mai voluto prendere in considerazione e che apre comunque un dibattito pubblico su un tema enorme, cruciale, essenziale per guardare al futuro non solo dei nostri giovani ma per la crescita stessa della nostra società.

Si parte da Caivano ma Milano, Roma, Firenze, Bologna, Palermo a tratti forse sono esattamente come Caivano ma per fare prevenzione vera dobbiamo guardare al problema reale ossia la diffusa assenza di esempi positivi per i nostri giovani che, come sempre, ma oggi forse più che in passato, sono affascinati dall’andare contro le regole perché sempre più certi che nessuno riuscirà mai davvero a sanzionarli.

Ed è giusto che la legge preveda alcuni meccanismi di educazione, dai lavori socialmente utili gratuiti al Daspo Urbano per coloro i quali commettono reati ma troppo poco a mio avviso si colpiscono i meccanismi educativi primari che partono purtroppo dalla famiglia.

Non solo manca anche un meccanismo per incidere di più sul consumo di droga ma anche di alcol da parte dei minorenni, sempre più spesso giovanissimi arrivano in ospedale in abuso di sostanze con mix quasi letali e che li mettono in pericolo verso quella società che ha reso relativo qualsiasi comportamento, da quella che poi diventerà una violenza sessuale o la guida in stato di ebbrezza…..tutto uguale….”Che sarà mai?”  … Non esiste miglior prevenzione che non sia quella di rimanere lucidi e presenti a se stessi ….. anche da adulti!

Così che, per esempio, 1000 euro di multa ai genitori sono un palliativo per le famiglie abbienti, una difficolta per quelle che onestamente cercano di sbarcare il lunario e l’ennesima e inutile cartella esattoriale per quelle che non hanno nemmeno gli occhi per piangere e che magari sono relegate nel più degradato alloggio popolare.

Vogliamo parlare ancora quanto sia discutibile individuare nei 14 anni l’età per essere destinatari di qualsiasi tipo di provvedimento penale e amministrativo? Situazione questa che oggettivamente significa  non voler fare i conti con cosa siano oggi alcuni ragazzini già a 11-12 anni, per esempio, di quanto il continuo bombardamento di informazioni, che quelli come me nati alla fine degli anni ’70 non avevano, e che li mettono necessariamente di fronte a consapevolezze che anticipano tante volte l’epoca della “emancipazione di fatto” di almeno un paio di anni.

Non solo, la forte immigrazione dai paesi dell’africa che spesso fa sbarcare minori non accompagnati ci ha letteralmente riempito di ragazzini che volenti o nolenti sono diventati “adulti” molto presto e credere di poterli trattare come “normali” minori è un errore di concetto che non possiamo permetterci.

Probabilmente questa valutazione fa storcere il naso a tantissime persone, anche professionisti del settore legati allo studio della crescita nell’età evolutiva, sta di fatto che ci sono minori troppo più “maturi” per essere considerati a certe età ancora “solo bambini”.

Non possiamo inoltre nascondere un dato di fatto, le leggi dedicate ai minori sono leggi che sono state concepite per i giovani che oggi sono bis nonni, un gap enorme su cui dobbiamo riflettere!

Bisogna però accogliere con entusiasmo “il Decreto Caivano” ma non c’è politico o legge che potrà sostituire la guida di un genitore, la protezione sociale che determina una società netta sulla distinzione tra bene e male, nessuno potrà sostituire un padre o una madre che non ti ha dato la giusta censura nel giusto momento ma enorme deve essere lo sforzo del sistema per dare un senso al “Decreto Caivano”

Non esistono leggi senza controllo perché, per esempio, come controlleremo la limitazione all’uso del cellulare ai minori a cui verrà limitato o vietato l’uso? Quali strumenti daremo in mano ai genitori, spesso più immaturi dei loro figli o che ne assumo uno strenua difesa d’ufficio, nel caso in cui saranno colpiti da certi provvedimenti? Cosa abbiamo messo nel “Decreto Caivano” per sensibilizzare un certo modo di essere genitori? Laddove non esiste il concetto familiare di vedere la società in un certo modo come potremo fare a recuperare quel giovane? Avremo la forza di imporre percorsi di recupero sociale? …e torniamo al limite, 14 anni non è già troppo tardi quando statisticamente si è abbassata la media del primo rapporto sessuale o della prima “canna”?

Non può la politica sostituirsi alla genitorialità, non può il sistema politico giudiziario e di pubblica sicurezza colmare l’assenza dei valori che hanno consentito fino a una ventina di anni fa che certi meccanismi potessero avere senso ma siamo sicuri che con questa legge importantissima non si possa chiedere e osare di più?

In Giacca Blu – Michele Rinelli

DAL TASER AL TSO PASSANDO PER IL VATICANO….

Lui è stato ribattezzato Tarzan e l’inseguimento è stato degno di una pellicola hollywoodiana, dopo aver rubato un furgone, non prima di aver manifestato un evidente disagio psichico, si è lanciato a tutta velocità verso il Vaticano inseguito, fino alla fine, dalla bellezza di 27 pattuglie….ah già, dimenticavo, era anche evaso dagli arresti domiciliari.

Una vicenda che a molti fa sorridere, come si può arrivare dopo tanti chilometri a farsi inseguire da 27 pattuglie, un elicottero e impiegare per tutto questo oltre 60 operatori di Polizia?

In queste ore peraltro stanno girando i video amatoriali dei colleghi intervenuti che nel più narcisistico dei modelli “io c’ero” hanno diffuso dei filmati scandalo (per chi lo scandalo ce lo vuole vedere) dove gli operatori si abbandonano a commenti degni del più truce degli sbirri…..ma tra chiacchiere e distintivo c’è da dire che nessuno si è fatto male e questa è la cosa importante. https://video.repubblica.it/edizione/roma/il-maxi-inseguimento-al-camion-rubato-dalla-volante/451072/452034?ref=RHLF-BG-I411620024-P5-S1-T1

Ma torniamo alla domanda iniziale, com’è stato possibile assistere e concludere un’azione di polizia in quel modo? Vedere quella immagine dall’ elicottero dove tutto finisce in un enorme rendez vous dovrebbe farci fare profonde riflessioni.

Intendiamoci, i colpi di pistola sparati, se pur leciti visto il dichiarato obbiettivo di attaccare il Vaticano sono di quanto più pericoloso ci possa essere per un operatore di polizia che si assume un rischio enorme a fronte di una probabilità di successo estremamente bassa. La cronaca ci racconta infatti che sono stati sparati almeno 15 colpi calibro nove e nonostante siano state colpite le gomme il mezzo inseguito ha proseguito la sua folle corsa.

Colpi che, intendiamoci, da qualche parte si sono conficcati e che fortunatamente non hanno colpito ignari passanti, ribadisco se pur leciti rappresentano un rischio enorme che ogni operatore deve ponderare molto bene e passo dopo passo, sono stati bravi ma anche molto fortunati.

Come ogni degno copione Hollywoodiano non è mancato il pensiero all’ arrembaggio del furgone, una manovra se pur fattibile di una pericolosità estrema la cui riuscita non è diversamente pericolosa rispetto ai colpi di pistola specie se vogliamo considerare la possibilità di utilizzare il veicolo come ariete e colpire i pedoni in transito.

Cosa si doveva e poteva fare quindi? Con i mezzi e le leggi che abbiamo a disposizione è stato fatto un lavoro eccezionale, sono stati presi troppi rischi, alcuni evitabili, forse, altri necessari ma il risultato è stato raggiunto e per molti conta solo questo, ci saranno riconoscimenti, pacche sulle spalle ma nessuna voglia di guardare oltre l’episodio o il successo raggiunto.

Si ripropone a mio avviso però il problema della patologia psichiatrica, di chi non si capisce se è più delinquente o semplicemente malato, se davvero si debba trattare la protezione della società senza imporre una maggiore integrazione tra sistema carcerario, sistema di assistenza sociale e necessario coinvolgimento delle istituzioni sanitarie perché probabilmente era chiaro sin da subito che Tarzan non era un terrorista ma uno che nella sua follia aveva deciso di agire come tale.

All’indomani di quel tifo che ogni volta si leva per il Taser dove da una parte ci sono quelli che lo vorrebbero dare anche al barista sotto casa e dall’ altra quelli che non vedono l’ ora di festeggiare e dimostrare con il morto che la pistola elettrica è solo uno strumento di pericolosa tortura, nessuno chiede per esempio la reintroduzione delle bande chiodate, con protocolli operativi e valutazioni caso per caso che comunque sono state vietate per legge alla fine degli anni ’70 del secolo scorso ma che in questi casi, forse, con tutti i distinguo del caso, avrebbero probabilmente fatto la differenza.

Nessuno a chiedersi se Tarzan oltre ad essere un delinquente non fosse anche un malato psichiatrico, la cui definizione quindi diventa sottile, uno di quelli dove la semplice restrizione domiciliare non serve, non risolve il problema e men che meno lo inquadra in un contesto di recupero all’interno della società.

Per risolvere i problemi, per capire le questioni, per agire davvero bisogna guardare la società vera, il paese vero senza accontentarsi mai del “è andato tutto bene” perché fosse finita male a quest’ora il problema, le critiche feroci, gli avvisi di garanzia sarebbero indirizzati tutti verso quelle 27 pattuglie che hanno fatto un “simpatico” ma efficace corteo nel centro di Roma.

In Giacca Blu – Michele Rinelli

ATTACCO AL TASER….

Da Trieste a Palermo, da Roma a Milano la stampa nostrana non vede l’ ora di poter titolare ” UCCISO DALLA POLIZIA, FATALE UN COLPO DI TASER” ….un titolo che sembra non volersi proprio materializzare, l’ultima morte mancata dal Taser passa in queste ore da Chieti.

La cronaca parla di un uomo nudo che corre in strada, in preda a un evidente delirio psicotico, fugge alla vista dei carabinieri, colpito dal Taser, nemmeno con questo si riesce ad avere la meglio, solo il successivo intervento dei sanitari riuscirà a sedare la sua furia che si conclude però con la morte del paziente. https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/08/14/chieti-corre-nudo-in-strada-e-i-carabinieri-lo-fermano-con-il-taser-morto-un-35enne-aperta-uninchiesta/7261417/?utm_content=fattoquotidiano&utm_medium=social&utm_campaign=Echobox2021&utm_source=Facebook&fbclid=IwAR2dZS5HeIejesizwLss9uVI17tk6MkIkDu0aO-sYsVHjOch175W_NmWW5M#Echobox=1692009553

Colpa del Taser sperano quelli che “Amnesty International” , quelli che “Strumento di tortura”, quelli che “Poliziotti assassini e torturatori”….

La verità è che da oltre un anno dall’ entrata in servizio la pistola Taser in dotazione alle forze dell’ordine o ha fallito nel suo compito per errore sul target o, al massimo, ha portato a qualche lesione di poco conto a causa della caduta che l’utilizzo corretto determina, nessun morto, nessun ferito grave, nessuna tortura è stata contestata a nessuna forza di polizia dello stato italiano, un successo che molti non riescono proprio a digerire.

Un miglior servizio farebbero però coloro i quali contestano il sistema Taser a criticare invece non la pistola a impulsi elettrici ma l’organizzazione di assistenza ai pazienti psichiatrici che, di fatto, almeno dalle cronache, sembrano essere i più attinti dai dardi di casa Axon.

Perché sperare nel morto da taser e non pretendere un miglior sistema di gestione dei pazienti psichiatrici ? Evidentemente non è chiaro che molti di questi soggetti, spesso obbiettivi della pistola elettrica sono il frutto della totale mancanza di presa di coscienza che moltissimi problemi di Polizia diventano tali semplicemente perché non esistono strutture adeguate per la cura e il contenimento di coloro che fuggono nudi sui binari, saltano sulle auto in sosta, aggrediscono i passanti senza motivo, che diventano anche degli assassini, non perché nascano tali ma perché l’ abbandono porta a degli eccessi.

Emblematico è il caso di Rovereto dove qualcosa, per usare un eufemismo, è sfuggito alla valutazione di quel sistema che dovrebbe intercettare quel disagio che da abbandono diventa poi pericolo criminale per tutta la società.

Perché sperare nella morte da Taser quando è molto più facile morire da innocenti a causa di quelle persone che diventano criminali perché, come pazienti psichiatrici, non vengono curati? Perché sperare che il taser produca morti quando proprio i soggetti preferiti “dal Taser” sono quello che stanno mettendo a dura prova la società?

Attaccare il taser a cosa serve? Sperare nella morte da Taser a chi giova? Ma soprattutto se è più facile morire per mano di chi è già stato taserato ed è sopravvissuto al Taser perché continuiamo a non parlarne?

Perché non parliamo della totale inadeguatezza della legge Basaglia? Perché non parliamo di ospedali psichiatrici che diventano “colonie penali” per soggetti pericolosi? Perché non parliamo delle rems ? (Ex carceri psichiatrici) che non ci sono o sono pochissimi e che servono, in questo momento storico, molto di più delle carceri ordinarie?

Siete sicuri che si debba sperare e parlare di morti da Taser?

In Giacca Blu – Michele Rinelli

….NON È SOLO “GUERRIGLIA”

“LA RIVOLUZIONE FRANCESE”, potrebbe diventare questo il titolo della stagione estiva sotto l’arco di trionfo, in molti evocano la presa della bastiglia pensando a ciò che sta succedendo per colpa di un poliziotto che, per motivi ancora in via di accertamento, ha ucciso un giovane durante un fermo di polizia.

Le immagini tragiche di una giovane vita uccisa da una calibro nove sembrano a tratti sparire, nascoste dalle sanguinose rivolte che stanno dilaniando la Francia, un paese seduto sopra a una bomba sociale sempre più in fermento e che sembra essere arrivato alla resa dei conti.

Leggere le cronache d’oltralpe ci mette un po’tutti nella condizione di chiederci se anche in Italia potrebbe accadere una situazione simile, la risposta potrebbe non essere così scontata, vi è però da dire che i fondamentali sociali francesi non sono quelli italiani.

Le rivolte nel paese dell’egalitè sono spinte fondamentalmente da cittadini di origine straniera ma assolutamente francesi che l’uguaglianza l’hanno studiata solo a scuola, francesi sulla carta ma mai davvero trattati come tali, per questo tutti assolutamente pronti alla rivolta….

Francesi che però si scontrano contro i Francesi , perché se da un lato esiste una rivendicazione legittima legata alla ghettizzazione di chi non porta un cognome dalle antiche origini transalpine, dall’ altro esiste una Francia che fa a gara per sostenere, attraverso l’azione del poliziotto, la propria identità se non addirittura la propria superiorità rispetto ai francesi diventati tali grazie alle colonie.

Perché a ben vedere questo ci dice la notizia delle collette organizzate a favore degli strumenti di questa rivolta, infatti se da un lato c’è un popolo che si autotassa per sostenere la famiglia del ragazzo ucciso, dall’ altro c’è una nazione che fa a gara con quella stessa colletta per sostenere il poliziotto….almeno così titola ” La Repubblica” https://www.repubblica.it/esteri/2023/07/02/news/francia_rivolte_colletta_nahel_madre_poliziotto-406419105/

In un titolo così forte c’è tutta la complessità di una vicenda che sembra andare oltre l’ordine pubblico, oltre l’etnia e che sembra dirigersi direttamente verso uno scontro di civiltà che potrebbe andare oltre i canoni di guerra civile che abbiamo conosciuto fino ad oggi.

Vada ai colleghi Francesi tutto il sostegno per quanto stanno affrontando con la speranza che basti la polizia democraticamente concepita per fermare ciò che sembra stia per diventare una Guerra di civiltà più che un banale problema di ordine pubblico.

In Giacca Blu – Michele Rinelli

…. PUBERTÀ ETERNA!

“È STATA SOLO UNA BRAVATA….” Solo che Manuel aveva 5 anni ed è morto, ucciso da una sfida social su di un canale YouTube dove 4 giovanissimi hanno pensato bene di guidare per oltre 50 ore di fila, non è chiaro se sotto effetto anche di sostanze stupefacenti.

Una bravata, una delle tante, che non solo fino ad oggi ha generato introiti economici importanti per gli ideatori del canale ma questi introiti beneficeranno di questa drammatica attenzione, del resto anche chi non conosceva i “BORDERLINE” avrà la scusa di andarli a cercare andando così a finanziare indirettamente il loro progetto editoriale …. Che servirà anche per difendersi in tribunale. https://www.romatoday.it/cronaca/quanto-guadagnano-theborderline.html?fbclid=IwAR0crXM8VdEfnJFFNrKVeldmrCiy-op5jbsIOErgRv33ewAlTV7muZLoDYA

La vicenda di questi giovani evidenzia il vuoto pneumatico con cui le nostre giovani menti ogni giorno affrontano il quotidiano, non solo privo di contenuti ma che trovano conforto negli stessi adulti che lo sostengono, emblematica è la foto del padre di uno dei ragazzi che si fa regalare dal figlio una giornata in Ferrari.

Per la verità non ci sarebbe nulla di male se questo episodio, quella esperienza non andasse a confermare quanto non solo ci sia una vera e propria assenza di modelli sociali sostenibili da perseguire ma che siano svaniti i ruoli.

Perché un padre si mette alla pari del figlio? Per quale motivo non marcare il confine tra uomo, genitore e ruolo? Sono io che credo che la virtù stia nell’ ordine delle cose e non nell’ appiattimento delle definizioni e dei ruoli sociali?

I padri di oggi, in generale, sono amici, compagni, magari guardano gli stessi culi che piacciono ai loro figli, le madri, in generale, forse troppo impegnate a riempire sempre più rughe e troppe poche teste, padri che non segnano mai il limite per paura di essere allontanati, magari da quelle stesse ex mogli che, in fondo, alcune, non vogliono rinunciare a sentirsi delle eterne ragazzine.

Così che nella pubertà che finisce a 40 anni, dove si passa direttamente alla menopausa e all’andropausa, nel mezzo c’è un vuoto dove esistono genitori eterni adolescenti e figli che, alle volte, sono più responsabili dei loro genitori, in un caos così generale che, alla fine, la società si sta autodissolvendo.

Avere un ruolo, chiedere di avere un ruolo, esercitarlo è sempre più difficile, provate a parlare con una insegnante di scuola, poche chiacchiere potranno ben farvi capire che probabilmente siamo al capolinea.

La storia di Manuel, 5 anni, ucciso durante una challenge è solo una delle vicende che dovremmo affrontare prima di vedere un cambio di rotta, anche la politica sembra non volersi curare, per esempio, che questa tragedia sta fruttando milioni di visualizzazioni a gente che guadagna su quei click, se non fermiamo questi meccanismi rischiamo di essere travolti dal cinismo di chi potrebbe cominciare a cercare le tragedie pur di arricchirsi.

Bisogna intervenire con leggi capaci di bloccare account, chiudere canali social, sequestrare le somme generate dalla drammatica notorietà, lasciare liberi questi meccanismi non può che generare mostri che non ci possiamo permettere.

….ma soprattutto i genitori, noi genitori dobbiamo tornare a riprendere il controllo della situazione, pretendendo di ritornare a essere guide morali per i nostri figli e che, per il vile denaro, non possiamo sostenere certe bravate.

In Giacca Blu – Michele Rinelli

OUT OF LINE… IL PROBLEMA È SOCIALE!

Lì conoscevi i BORDERLINE? Da boomer quale sono, anche se ancora non ho capito che generazione sia quelli nati nel 1978, ovviamente non conoscevo il gruppo e le gesta di quattro ragazzi le cui bravate sono diventate una tragedia.

Le chiamano “Challenge”, in italiano “sfide”, sono azioni evidentemente anche pericolose che come oggi possono sfociare in tragedia, una bambina di 5 anni è morta a causa di una di queste sfide, questa in particolare consisteva in 50 ore di fila alla guida di un potente SUV…..50 ore di fila sono tante anche se hai 20 anni e, a quanto pare, sei anche sotto effetto di sostanze stupefacenti.

Di fronte a tragedie come queste la risposta giudiziaria, per quanto dura e immediata è ben poca cosa, lo spauracchio del “ergastolo della patente” rappresenta un rimedio postumo a un qualcosa che ha radici nella società, nella crescita dei nostri giovanissimi, negli esempi a cui li esponiamo e che evidentemente non si riescono a censurare.

Censura, che poi è davvero di censura che abbiamo bisogno? Qual è il valore scientifico o antropologico di sfide come queste? Anche la scalata dell’Everest o lo sbarco sulla Luna erano azioni pericolose ma avevano un fine, un obbiettivo, un ideale scientifico e di crescita….ma questa gente che si sfida per un pugno di like dove vuole arrivare?

Certo, le spacconate sono sempre esistite, abbiamo avuto omicidi con la sfida del “perfetto” ma fino a una ventina di anni fa rimanevano nelle storie locali, alcune erano leggende, oggi sono globali, pervasive e incontrollabili a causa dei mezzi con cui possono essere diffuse.

Cosa fare quindi? Lasciamo che i giovani continuino in un crescendo autodistruttivo? Facciamo in modo che la loro vita sia sempre e solo un show che diventa crudo e reale solo quando accadono le tragedie? Quanto sono ventenni questi ragazzi? Ma soprattutto quanto sono adulti i loro genitori forse rassegnati nell’averne perso il controllo?

Già, e lo dico da genitore, perdiamo il controllo dei nostri cuccioli molto, molto presto così presto che non riusciamo a intervenire nel momento in cui è necessario fare comprendere loro il principio della responsabilità, di tutto quello che è l’azione e la reazione vera, che un gesto pericoloso può avere effetti devastanti e reali, drammatici come la morte di una bambina di 5 anni a spasso con la sua famiglia.

….allora, con onestà, interroghiamoci come società, come genitori, come figli, come attori di un processo di crescita… E non chiediamo semplicemente alla legge di fare il suo corso perché in un caso come questo, quando arriva la legge significa che abbiamo già fallito…. perché molti dei nostri problemi sono sociali, non sono di pubblica sicurezza né giudiziari ma solo sociali!

In Giacca Blu – Michele Rinelli

A VERONA C’E’ IL “MARE FUORI” ?

Sono ore difficili quelle che si stanno vivendo alla questura di Verona, l’indagine iniziata con l’esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari per 5 agenti della squadra volanti ha coinvolto altri 17 operatori che, secondo l’accusa, non hanno segnalato quanto da loro verosimilmente visto.

Una vicenda che vede il signor Capo della Polizia Pisani e il Signor Questore Massucci impegnati in un difficile momento le cui parole sono state davvero apprezzate per il lucido sostegno a chi ha visto dover infliggere alla propria famiglia un colpo davvero pesante.

Imbarazzo, scandalo ma anche rabbia perché il tutto sembra ruotare intorno alla figura di un giovane agente, 25 anni, dipinto come un personaggio al confine tra “Mare Fuori e “Gomorra” capace, nonostante la sua giovane età, di muoversi all’interno di un certo sottofondo criminale.

Questa figura, definita il capo banda, rammarica ancora di più, come abbiamo fatto recentemente ad assumere una persona capace di muoversi in maniera così spregiudicata all’interno di determinati meccanismi? Me lo sarei aspettato di più da un furbo e navigato anziano del mestiere….ma, attenzione, la narrazione giornalistica è maestra nel creare mostri laddove non ci sono.

Sia chiaro, non si possono accettare azioni così deplorevoli, dal costringere per esempio i fermati a rotolarsi nella propria urina nonché allo sfidare con la violenza pura e gratuita gli emarginati, quelli che diventano un problema di polizia perché la società non è in grado di sostenerli.

Abbiamo assistito ad altre inchieste similari  iniziate con le stesse premesse, molte di queste sono finite a condanne per ” semplici” lesioni, altre completamente naufragate ma erano iniziate con capi di accusa degni dei migliori terrorismi per questo dobbiamo  guardare a questo evento con il giusto approccio perché la ricerca di altri testimoni, le conferme di quelli già coinvolti saranno dirimenti per comprendere se davvero a Verona pagavamo dei poliziotti per essere dei collusi giustizieri.

In molti adesso avranno l’interesse a presentarsi in Questura per dire di essere stati picchiati, molti cercheranno di speculare su questa storia, in tanti cercheranno qualche facile risarcimento, a chi indaga il dovere di conoscere solo la verità, di contestare solo la verità, perché solo quella conta e troppo facile, da oggi, diventa iniziare una caccia alle streghe.

In Giacca Blu – Michele Rinelli