Si aspettava solo la prova, la conferma, si aspettava semplicemente fosse ritrovato il corpo di Giulia Cecchettin, troppe erano le evidenze che dicevano a tutta l’Italia che era l’ennesima vittima di un morbo senza tempo.
Tantissima è la rabbia che suscita la sua fine, per chi indossa la divisa, per chi ogni giorno tocca con mano la violenza esistente nelle case di tanti italiani, la storia di Giulia colpisce per la vigliaccheria del suo carnefice.
Non esiste nessuna violenza che possa essere giustificata ma nelle troppe storie tristi che un appartenente alle forze dell’ordine incontra nella sua vita professionale ci sono indici a cui ti abitui, ci sono elementi che ricorrono, dai una spiegazione al distruttivo momento omicida di un femminicidio classico….ma per Giulia no, questo non c’è!
Ma che razza di uomo senza attributi è quello che ti porta a cena, ti cerca, dice di amarti e poi ti lascia rotolare in fondo a un lago?
A quale categoria disumana appartiene un individuo che vede nella laurea del proprio amore la causa di una mancata opportunità di riunione, quale carenza, quale morbo, cosa convince l’essere disumano a uccidere per sopprimere la vita altrui ?
Quando parlo di vita non parlo di quella biologica, quella del corpo che pulsa, parlo di quella che racconterai ai tuoi figli, ai tuoi nipoti, al tuo nuovo fidanzato o alla tua amica del cuore….. perché quella evidentemente ha voluto sopprimere e solo quella, semplicemente perché lui sarebbe stato, un giorno, il racconto di una storia andata male, un buco nero nel libro della vita….
Quel morbo, quella malattia, quella condizione non può essere follia, troppo facile, troppo semplice, non assolviamo l’individuo che sa essere lucido, che compie gesti consapevoli, studiati, calibrati….. quell’essere è solo il portatore “sano” di quella che nessuno vuole più vedere: la cattiveria.
Perché nessuno parla più della banalità del male, perché abbiamo fatto di tutto per negare l’esistenza del male, perché abbiamo creduto che fosse giusto far credere che il male non esiste?
Ed è qui che forse ci dobbiamo fermare, ai nostri figli dobbiamo dire cosa sia il male, come riconoscerlo, come allontanarlo, come elaborarlo, come difendersi.
Se il male non c’è il male non esiste questo mi sembra di vedere ogni giorno negli occhi delle tante persone che incrocio, negli occhi dei tanti, troppi giovani che trovano normale fare i bulli, prevaricare i loro pari le cui famiglie non sono disposte ad accettare di insegnare ai loro figli la gravità di coltivare, nelle loro anime, nei loro gesti, la gravità del male, non ci sono solo ragazzate da contrastare ma spesso evidentemente qualcosa di più!
…e per favore non citiamo l’infermità mentale… perché quel disagio non può essere sinonimo di malattia psichiatrica, troppo comodo tirare per la giacchetta la psichiatria, la psicopatologia, il male è in ognuno di noi, il male fa parte del nostro esistere, del nostro essere e solo insegnando a riconoscerlo, da dentro e da fuori, si possono creare le condizioni per salvare le giovani vite come quelle di Giulia Cecchettin.
A lei, ai suoi genitori, alle sue amiche, a tutti coloro che hanno cercato di difenderla da quel male, che forse non è stata in grado di riconoscere e contrastare, perché illusa da un uomo che non poteva e non doveva essere “il male”, vada il più sincero abbraccio di un padre con la divisa che, come tutti i genitori, sempre di più fatica a capire quali siano gli strumenti giusti da dare ai figli, buoni o cattivi che siano, per prevenire drammatici eventi come questi.
In Giacca Blu – Michele Rinelli