Un sistema che si mette in discussione è un sistema sano! Possiamo pensare quello che volete sul caso di Donatella Hodo che a Verona ha deciso di togliersi la vita ma le parole del magistrato che si mette in piazza rinunciando alla tipica arroganza del potere, al meccanismo di normale autoreferenzialità del nostro sistema, pone quella toga al di fuori dell’ordinario, un messaggio potentissimo il suo di cui dobbiamo fare tesoro.
Il dottor Semeraro, giudice di sorveglianza a Verona che da anni seguiva la vita di Donatella usa parole rare, si espone a ragionamenti quasi unici, ci dona la certezza che su quei tavoli qualcuno si ricordi che i fascicoli sono fatti di persone e non di carte.
Il dottor Semeraro, con rara schiettezza, mette in discussione il suo lavoro, si pone il problema di quanto ancora le carceri servano a qualcosa o almeno non servano nei casi come quelli di Donatella, tra reati bagatellari, disagio familiare e consumo di sostanze stupefacenti il carcere diventa, evidentemente, l’ennesimo luogo di solitudine e non di recupero.
Concetti pericolosi, pensieri che forse potranno dare qualche grattacapo al Dottor Semeraro, perché permettersi di mettere in discussione principi come quelli della rieducazione del detenuto dicendo al sistema di essere molto più fallace di quanto si possa ammettere?
Il giudice nella sua umanità, cosa di cui mai si parla, abituati come siamo a pensare ai giudici come noiosi e avulsi burocrati i cui sentimenti, tutti, si nascondono tra le polverose pagine dei codici, ci dice che dobbiamo ripensare a tutto, dobbiamo partire dalle persone per recuperarle senza dare per scontato che i sistemi non si debbano mai cambiare.
E se avesse ragione il dottor Semeraro? Se davvero le carceri, la riabilitazione vera del cittadino, sia solo ed esclusivamente è per la stragrande maggioranza dei casi, semplicemente dei problemi sociali? Se le carceri fossero solo dovute e necessarie per i grandi mafiosi, per gli assassini pericolosi, per coloro i quali minano davvero la sicurezza delle società? Può un ladro, in assoluto, essere considerato una minaccia mortale per la società stessa? Per lui è per altri individui incapaci di aderire al patto sociale si può trovare una soluzione diversa che non sia per esempio un cumulo di anni da scontare in carcere dopo il ventesimo furto e l’ennesima pena sospesa ?
Ci sono certamente storie di carcerati ben recuperati ma è troppo facile guardare solo ai successi quando, per esempio, il numero dei suicidi tra i detenuti è davvero molto alto per non parlare delle condizioni dei colleghi della Polizia Penitenziaria le cui vicende umane e professionali, oggettivamente, non interessano a nessuno.
…. Dai, ditelo, “chi è questo sbirro comunista” ? Il problema, vero, non è il pensiero politico più o meno sensibile alle condizioni sociali di una parte o di un’altra, il vero problema è che o le persone le recuperi davvero o tu spendi soldi semplicemente per imbruttirle ulteriormente, spendereste voi i vostri soldi per allargare le crepe di un muro di cinta? Se non cambiamo le cose, se non partiamo subito dal punto vista del dottor Semeraro per capire come chiudere le crepe al posto di allargarle la giustizia continuerà ad essere ingiustamente percepita solo ed esclusivamente come un costo dannoso e questo non può essere tollerato.
In Giacca Blu – Michele Rinelli