Tra le cose più difficili che un uomo nella sua vita è chiamato a dover gestire certamente il potere è quella più dannosa e difficile che di più mette alla prova l’integrità umana e culturale dell’individuo.
Le notizie di stampa sono zeppe di richiami a questa difficoltà che, purtroppo, non è certamente costellata di fulgidi esempi anche perché l’uomo di potere che lo esercita nei limiti del comune senso del rispetto non finisce certamente a riempire le pagine della cronaca.
Così è quindi facile parlare male di un “Trota”, al secolo Renzo Bossi, figlio del noto Umberto o di un “Di Pietrino” al secolo Cristiano Di Pietro, figlio dell’Ex Pm più famoso dello stivale.
Uomini di potere, i padri, i quali memori dell’italica cultura nepotista di certo non possono negarsi la “giusta” pretesa di sistemare la propria amatissima prole in posti cardine così da garantire, giustamente(??), un degno futuro ai propri figlioli in barba a qualsiasi logica meritocratica a cui il nostro paese pare non voler minimamente aspirare.
Quasi normale quindi è pensare che chi detiene il potere voglia imporre i suoi diretti congiunti, o coloro che possono in qualche modo favorire il potere stesso di chi lo esercita, senza considerare che tale atteggiamento svuota da millenni le vere potenzialità di uno dei popoli, quello italiano, tra i più eclettici e i più potenzialmente acculturati di tutto il mondo….tanto che ormai una certa italianità è apprezzata e vale solo all’estero.
Esercitare il potere nella logica nepotistico-clientelare è di fatto la rovina dell’Italia da sempre perché nessuno vale qualcosa se non in virtù di chi è figlio e non di ciò che veramente vale.
Il potere, forse, è dopo i soldi, quanto di più sporco l’uomo abbia a sua disposizione per mortificare l’umana esistenza specie se lo stesso viene esercitato in maniera del tutto inappropriata e spesso conveniente a una categoria rispetto ad un’altra.
Non è difficile quindi non solo indignarsi ma rimanere proprio schifati a seguito della sentenza che vede una giudice di Vicenza essere stata condannata a un semplicissimo risarcimento di poco meno di 7000 euro per essersi assentata dalle aule dichiarandosi falsamente malata.
Una malattia, quella del GIP Cecilia Carreri la quale veniva trascorsa su una splendida barca a vela, in regata, in compagnia di altri velisti che di certo non poteva essere compatibile con la prognosi di lombosciatalgia riportata sui certificati medici.
A seguito di questi fatti, se l’Italia deve essere vittima di un malinteso senso del nepotismo e dello strapotere di certe categorie mi si chieda come possiamo avere rispetto di chiunque possa detenere il benché minimo potere, anche solo dell’ultimo vigile urbano di paese, se esempi come questo spopolano quotidianamente sulle cronache del nostro malandato paese ???
Un vecchio adagio recitava: “Il potere logora chi non ce l’ha…!” … e forse il logorio è il male minore!